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Test Yamaha YZ 250F 2014. Reverse

il 04/11/2013 in Moto

Testa ruotata di 180°, cilindro rivolto all'indietro: dopo tanta attesa, ecco il primo test della nuova duemmezzo di Iwata con motore "girato"

Test Yamaha YZ 250F 2014. Reverse
Da troppi anni, mentre le avversarie passavano a sperimentare l'iniezione elettronica piuttosto che le sospensioni ad aria, lei rimaneva pressoché uguale, ancorata ancora a quell'alimentazione a carburatore che sui 4 tempi sembrava superata. Le prime foto trapelate dal Giappone confermavano che il 2014 sarebbe stato l'anno giusto per il cambiamento, che le luci della scena le avrebbe rubate lei, la nuova Yamaha YZ 250F, l'arma per la MX2 con cui finalmente gli uomini di Iwata hanno deciso di tagliare i ponti con il passato, gettandosi in avanti con un feroce contropiede. Ora finalmente l'attesa è finita.
E come ci avevano abituati anni fa con il 450, che nonostante tutte le critiche ricevute continua a mantenere lo stesso ambizioso progetto rivisto e migliorato, il cambiamento è stato radicale, di quelli che non possono passare inosservati. La duemmezzo è una moto completamente nuova, che in comune con la sorella maggiore non ha solamente il concetto del motore girato di 180° con scarico ed aspirazione invertiti. Più che sorelle, queste due creature potremmo quasi definirle gemelle siamesi, visto che praticamente tutta la parte ciclistica è uguale: telaio, telaietto, piastre, forcellone, radiatori, airbox, serbatoio e plastiche avranno lo stesso identico codice nei listini ricambi Yamaha perché sono perfettamente intercambiabili tra loro. A guardarle una di fianco all'altra, un occhio poco esperto farebbe fatica a distinguerle, se non fosse per il motore più piccolo e il silenziatore leggermente più corto del 250. Oppure per quella scritta sul convogliatore che sottolinea la cilindrata.

SOSPENSIONI TRADIZIONALI
Il motore è completamente nuovo, con la testa girata all'indietro e l'aspirazione che, posizionata davanti, dovrebbe garantire all'airbox un ingresso dell'aria più rettilineo e, soprattutto, non "viziato" dal calore dello scarico. Le valvole diventano 4, al posto delle 5 precedenti, ma sia quelle di scarico che, in misura maggiore, quelle di aspirazione crescono di diametro. Il pistone riceve una camera di combustione più compatta, mentre le fasce elastiche diventano due (prima erano tre), alla ricerca di un incremento delle prestazioni (minori attriti) e di una riduzione di peso. Nuovo anche l'albero motore, con un diverso trattamento termico e il diametro del piede di biella ridotto. Il carburatore è stato sostituito dal sistema di iniezione Keihin con corpo farfallato da 44 mm, che dovrebbe garantire un incremento della potenza agli alti, oltre al vantaggio di una combustione ottimale del carburante anche in differenti condizioni. Il collettore della marmitta fa il giro, come sul 450, intorno al cilindro per poi collegarsi ad uno scarico conico dal diametro variabile, relativamente corto.

L'ORA DELLA VERITA'
Come sulla quattroemmezzo, identiche sono le collocazioni della ECU e del serbatoio della benzina (capacità 7,5 litri) sotto la sella, il tutto alla ricerca di quella centralizzazione delle masse che dovrebbe garantire il massimo feeling di guida. Le sospensioni rimangono le Kayaba dal funzionamento tradizionale. La forcella da 48 mm sfoggia nuove molle, taratura rivista e perno ruota da 22, mentre il mono si ripresenta con una molla più dura da 54 N/mm. Power Tuner in comune con il 450, per modificare le mappe. Ma veniamo al momento più atteso, il test in pista. Le prime impressioni sono quelle di una moto molto piccola e compatta tra le gambe, forse addirittura troppo per quanto riguarda le altezze pedane-manubrio. Per i piloti più alti questo non sarà il massimo, soprattutto quando si tratta di andare ad alzarsi e abbassarsi sulla sella. Sul 450 non avevo immediatamente percepito questa sensazione… e allora dov'è l'inghippo, visto che le YZ-F sono gemelle siamesi? Guardando con più attenzione, il mistero è svelato: nella configurazione standard della 250, Yamaha presenta il manubrio nella posizione più arretrata. Andando a spostare i cavallotti nel foro più avanzato della piastra la situazione migliora, ma a mio avviso il manubrio andrebbe anche leggermente alzato. Questa compattezza rende la YZ 250F molto agile e snella da guidare, leggera sui salti e rapida nei cambi di direzione. Ma la duemmezzo di Iwata rimane molto stabile anche nei tratti più veloci, grazie a una taratura piuttosto dura di forcella e mono, che permette di forzare sia negli atterraggi più lunghi che nelle staccate più impegnative. Per contro, questa forcella così sostenuta già nel primo tratto, unita al manubrio arretrato, limitano leggermente l'ingresso in curva, dove si fa fatica a schiacciarla per dare aderenza alla ruota anteriore. Se non si è più che precisi e se si aggredisce un po' troppo il canale, c'è il rischio di sfondarlo… andando così a rendere l'azione in curva meno scorrevole. Se invece non si forza troppo l'entrata, invece, la YZ-F si dimostra precisa nel seguire la traiettoria scelta e rapida nell'uscita di curva, dove il mono regala una buona trazione.

NON BUCO PIU'
Attesa ancora maggiore per quanto riguarda il propulsore, completamente nuovo e con l'iniezione elettronica. Chi era abituato al caro vecchio cinque valvole, un motore comunque valido che ha venduto cara la pelle fino all'ultimo, ora percepisce un nuovo mondo. Già al semplice tocco del gas si intende che l'erogazione ringrazia: addio al tipico "buco" sotto del carburatore. Ora puoi smanacciare i cavi del gas quanto vuoi, senza sentire mai incertezze. Anche in pista questo aspetto si lascia apprezzare: il bialbero prende i giri dolce e lineare, portandoti fuori dalle curve con una buona rapidità. Forse manca un po' di botta, se la si vuole bisogna accarezzare la frizione per saltare con impeto fuori dal canale. Se invece si è tra quelli che lasciano scorrere, allora si può giocare solo con il gas e magari utilizzare per le curve più ampie un rapporto maggiore, ad esempio la terza, visto anche che la spaziatura del cambio è abbastanza ravvicinata. Per questo motivo non bisogna insistere troppo sulla marcia, nonostante l'elevato regime che questo motore riesce a raggiungere in alto: se si vuole fare strada, insomma, conviene dare le marce... Questo range di utilizzo così corto limita un po' anche l'allungo, ma vista la buona coppia a disposizione e la forza espressa nel cambio marcia, pensiamo che già solo allungando la corona di un dente o due si possa ovviare senza troppe controindicazioni ai bassi. Altra possibilità è data dal Power Tuner: con la mappa opzionale più aggressiva la moto guadagna parecchio, soprattutto in alto dove si riesce a insistere di più sulla marcia, ma anche ai bassi, seppur in misura minore. Per il resto sembra che la cavalleria non manchi e il salto in avanti rispetto al my '13 è notevole.
Tirando le somme, Yamaha è riuscita a mantenere l'agilità e la facilità di guida che da sempre hanno contraddistinto la sua 250, andando a dotarla di un propulsore finalmente a livello delle avversarie più agguerrite, sia tecnologicamente che prestazionalmente. Forse ci sarà da lavorare sulle tarature delle sospensioni per trovare il bilanciamento ottimale in base alle proprie caratteristiche (in particolar modo sulla forcella) e sulla personalizzazione della posizione di guida. Per il resto, parlando di moto di produzione, avevamo già detto tempo fa come l'MX2 degli ultimi anni abbia visto un livellamento delle prestazioni tra tutti gli attori in scena. Bene, i "man in blue" con questa moto sono pronti a rigettarsi nella mischia senza paure.
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