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Prova Honda CRF 250R m.y. 2014. One size

il 04/12/2013 in Moto

È figlia della recente filosofia progettuale Honda, dove la stessa moto deve soddisfare sia gli amatori che i professionisti: la nuova duemmezzo conferma, e migliora, una ciclistica sopraffina ma il motore, pur regolarissimo, è ancora un po' sottotono per i gusti dei "pro"

Prova Honda CRF 250R m.y. 2014. One size
Honda ha scelto Loket, una delle piste storiche del Mondiale, come teatro di prova, dove testare nel migliore dei modi la nuova CRF 250R m.y. 2014, creatura che ha subito importanti interventi dopo che, lo scorso anno, ci si era concentrati principalmente sul 450. La stasi tecnica sul m.y. 2013 non ha comunque influito molto sul numero di estimatori che, da sempre, Honda è capace di attrarre, come confermano gli oltre 3.000 duemmezzo venduti in Europa.
Si è partiti dalla ciclistica: anche la 250 riceve la sesta generazione del telaio perimetrale in alluminio, sviluppato con l'obiettivo di centralizzare le masse e garantire quindi migliore agilità di guida, direzionalità e aderenza alla ruota anteriore, più trazione su quella posteriore e, in generale, una maggior sensazione di leggerezza e facilità. Nella pratica, il cannotto di sterzo più basso rispetto alle travi centrali abbassa il baricentro della moto. Anche il motore è alloggiato molto in basso nella culla, e l'attacco superiore della sospensione posteriore si trova più in basso rispetto alla versione precedente di 14,5 mm, il che ha richiesto un monoammortizzatore Showa più corto della stessa misura. Di fatto si è seguito lo stesso schema progettuale che lo scorso anno aveva interessato il 450, e infatti anche il vestito nella particolare "configurazione triangolare" è lo stesso, ulteriormente sviluppato, con una sella più leggera di circa 150 grammi e un serbatoio benzina con capacità aumentata a 6,3 litri. Nella ricerca della centralizzazione delle masse, si è cercato di alloggiare tutti i componenti elettrici – centralina, condensatore, regolatore di tensione e cablaggi – in posizione centrale, sotto il corpo farfallato. Stesso dicasi per la reintroduzione del doppio scarico. Adottato nel 2006 per poi essere abbandonato l'anno successivo, il doppio silenziatore pesa di più ma favorisce una notevole diminuzione dei decibel, oltre a favorire l'estrazione dei gas di scarico; in più ha consentito di ridurre le dimensioni e il peso del telaietto, ora più corto. Nuovo anche il forcellone, con una sezione più alta nella zona centrale che garantirebbe più rigidità e precisione di guida, e link rivisto per adattarsi meglio a queste modifiche. La forcella – Showa da 48 – ha molle più rigide per adeguarsi al nuovo telaio. I radiatori, più piccoli e compatti, hanno un sistema di circolazione del liquido refrigerante migliorato e, nella costante ricerca di centralizzazione delle masse, sono posizionati più in basso rispetto al modello precedente.
Il motore rimane il classico Unicam. Rivisto nella testa, con condotti di aspirazione e scarico ridisegnati, ha anche un nuovo pistone con compressione maggiore: il tutto alla ricerca di una maggior potenza in tutte le situazioni, soprattutto ai medi e agli alti regimi. Si è intervenuti anche sul cambio a 5 rapporti al fine di aumentarne ulteriormente l'affidabilità. Il sistema di iniezione elettronica PGM-FI, lo stesso adottato sul 450, è stato modificato nell'inclinazione dell'iniettore e rimappato secondo uno schema "dual stage", che in alcune condizioni spruzza benzina due volte per ciclo di carica.
Sulla carta, gli interventi alla parte ciclistica sembrano maggiori rispetto a quelli effettuati sul motore: verrebbe da dire "stranamente", visto che il modello precedente era già apprezzatissimo per la grande facilità di guida ma mancava leggermente di potenza rispetto alla concorrenza più agguerrita. Sembra, insomma, che gli uomini della Casa alata non vogliano dormire sugli allori, e continuino a sviluppare ciclisticamente una moto già al top per maneggevolezza e agilità.
Queste impressioni sono confermate dalla pista. Ancora una volta, come da sempre diciamo quando saliamo su una rossa, è talmente facile adattarsi che ti sembra di guidarla da sempre. Nonostante le dimensioni siano molto contenute e probabilmente poco adatte ai piloti più alti, una volta in movimento questo mezzo dà subito un buon feeling, grazie a una stabilità sul veloce apprezzabile – messa un po' in crisi soltanto da una taratura delle sospensioni tendente al morbido – e soprattutto a un ingresso in curva davvero veloce ed intuitivo. Con questo telaio, scendere nel canale con fluidità e precisione diventa una manovra semplice, così come seguire la linea e uscire velocemente dalla curva. Anche sui salti e nei cambi di direzione più stretti la maneggevolezza si fa apprezzare, rendendo tutto più facile. Come detto, le sospensioni sono però un po' morbide: in fondo alle discese, dove le buche diventano più grandi e secche, aumentano le difficoltà; non tanto per i fondo corsa, quanto piuttosto per la cedevolezza nel primo tratto di escursione, che fa lavorare la forcella sempre troppo chiusa e bassa. Lo stesso dicasi per il mono, che negli atterraggi più violenti caratterizzati da grosse asperità tende a chiudersi molto e, come si dice in gergo, a non "vincere" la buca facendo perdere di stabilità. Per contro, invece, una taratura di questo tipo garantisce molta trazione in uscita dalla curve e sui salitoni della pista ceca.
A una ciclistica al top continua purtroppo ad affiancarsi un motore dalla grande facilità e linearità di erogazione, ma che nonostante gli interventi ancora non eccelle per potenza ai medi e agli alti regimi. E dico purtroppo perché se si riuscisse a tirare fuori qualcosa in più in termini di cavalleria, per gli altri sarebbero veramente dolori. Ai bassi questo propulsore si dimostra elettrico e generoso: ti porta fuori dalle curve con grande rapidità, senza mai mettere in crisi nemmeno dove il terreno è più scivoloso. Una volta raggiunti i giri massimi, però, conviene cambiare marcia, perché l'allungo non è esagerato e comunque insistere a limitatore non serve. Il cambio inoltre va usato spesso, a causa della rapportatura piuttosto ravvicinata; se però si trova un terreno che lega molto non sempre si riesce – soprattutto nel cambio terza-quarta – perché la coppia erogata non permette di agganciare completamente il rapporto superiore. Sui terreni più duri questa piccola carenza è più smussata e si è più competitivi.
Va anche detto che il doppio scarico risulta essere piuttosto tappato, così da rientrare con ampio margine dentro i futuri limiti fonometrici (questo CRF dovrebbe produrre 110 dB al massimo numero di giri contro i 113 imposti dall'attuale regolamento), e sappiamo bene quanto possa contare in termini di cavalli una marmitta più aperta. Quanto al resto, siamo al top anche per finiture e leggerezza dei comandi, con l'unico neo - a voler essere pignoli - del freno anteriore, molto modulabile ma non esagerato in potenza. Ma in fondo con questo modello Honda prosegue nella sua filosofia: quella di costruire mezzi da competizione adatti a tutti, facili ed equilibrati per soddisfare gli amatori della domenica, precisi e fruibili per i piloti più esperti. Chiaro: per i professionisti qualche accorgimento soprattutto a livello di motore è necessario, ma in fondo si sa che al Mondiale di moto standard se ne vedono poche!
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