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Andrea Verona: l'uomo degli obiettivi

Redazione
dalla Redazione il 14/09/2019 in Enduro

A poche settimane dalla conquista del mondiale enduro junior abbiamo incontrato il fuoriclasse vicentino per una lunga ed intima chiaccherata, intervistato il suo team manager e provato la moto che lo ha portato al successo.

Appuntamento sulle rive del Pò. Andrea Verona arriva dal Veneto, Luca Cherubini dalle Marche e noi dalla lombarda Milano. Dagli uomini TM abbiamo strappato la possibilità di provare la moto del fresco campione del mondo EJ, ma l’occasione era troppo ghiotta per non coinvolgere direttamente anche Andrea in questo lavoro. Contattato, puntuale si presenta all’appello con la casacca TM sulle spalle e la tabella celebrativa con il numero uno color oro nella borsa. Più hai modo di parlare con AV99 e più ti rendi conto di quanto prima ancora del pilota ci sia l’uomo, quel ragazzo che sarebbe comunque lo stesso Andrea Verona, con la sua personalità, anche senza i motori. La moto, però, oggi è parte integrante della sua vita, lo strumento attraverso il quale la sua personalità si è forgiata, quello che gli permette di emergere, di avere successo e di guadagnare. Ma la moto senza le gare per lui non sarebbe niente, un pezzo di ferro con cui divertirsi fine a sé stesso. Sono infatti le corse la sua vita, le uniche in grado di fargli guardare il futuro, una volta raggiunto il traguardo prefissato, sempre da un gradino più alto. Riservato e timido, a tratti schivo e tormentato, Andrea - principe dell’understatement - sta conquistando il mondo senza urlare, con la calma dei giusti, consapevole del fatto che, in fondo, quel che conta sono i risultati.

Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Luca Cherubini, team manager  TM Racing
Luca Cherubini, team manager TM Racing
Luca Cherubini, team manager  TM Racing
Luca Cherubini, team manager TM Racing
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione
Andrea Verona in azione

Pilota professionista di enduro

 

Team TM Factory Racing

BIOGRAFIA

Nato il 22 aprile 1999 a Thiene (VI), vive a Piovene Rocchette (VI).

PALMARES

- 2013: 1° Italiano MiniEnduro 50

- 2014: 1° Italiano Enduro 50

- 2015: 1° Italiano Enduro 50

- 2016: 2° Italiano Enduro Youth 125

- 2016: 2° Europeo Enduro 125 Under20

- 2017: 1° Italiano Enduro Youth 125

- 2017: 2° Sei Giorni Junior Trohy

- 2017: 1° Mondiale Enduro EY

- 2018: 1° Sei Giorni Junior Trohy

- 2018: 2° Italiano Enduro Junior

- 2018: 2° Mondiale Enduro EJ

- 2019: 1° Mondiale Enduro EJ

 

Registratore vocale, macchine fotografiche, camere e cavalletti. Tutto è pronto, e la tensione di Andrea è almeno pari allo stress davanti allo start di una estrema incazzata. A lui la parola. 

Hai vinto il titolo EJ, ma non ho mai pensato che tu non potessi farlo. Ho avuto l’impressione che non fossi preoccupato dei tuoi avversari diretti ma che guardassi solo la classifica della E1 e della Assoluta. Sbaglio?

“Questa è stata la seconda stagione nella Junior, dopo quella dell’anno scorso quando me la sono giocata con Matteo Cavallo. Sono partito carico quest’anno, ovviamente con l’obiettivo di vincere. Ho corso guardando con un occhio la mia categoria e con l’altro l’Assoluta, per marcare da vicino quelli che saranno i miei avversari l’anno prossimo. Per cui sì, non sbagli”.

 

A Rovetta quando ti ho visto arrivare sotto la tenda, il day2, con in tasca il titolo eri felice ma calmo. Ti mancava qualcosa, volevi qualcosa in più, o ti sei già abituato a vincere dei titoli?

“No, abituato a vincere no! Vincere in casa, a Rovetta, è stata un’emozione incredibile. Sapevo che in quel week-end avrei potuto conquistare il titolo e volevo riuscirci davanti al pubblico di casa. Sotto la tenda, nel day2, sono arrivato contentissimo dentro di me, ma non sono una persona che mostra troppo le sue emozioni. Farle vedere agli altri non è il mio modo di essere, per cui mi sono comportato nel modo in cui mi è sembrato giusto fare, cioè ringraziando le persone che mi hanno dato una mano. E comunque un’emozione così io non l’ho mai provata, anche perché sono stato in lotta per tutta la giornata e non avrei voluto portare a casa il titolo con un secondo posto. Volevo vincere, ma ho commesso un troppi errori: però l’ultima speciale sono riuscito a portarla a casa e per me è stata una soddisfazione immensa”.

 

Cosa c’era nella tua testa al via di quell’ultima speciale?

“Stavo correndo bene durante il day2, ma in linea il secondo giro ho raggiunto un pilota della categoria prima della mia e ho perso tutto il vantaggio che avevo. Dopo quella PS i miei avversari hanno spinto un po’ di più e sono arrivato all’ultima speciale in svantaggio di due secondi su Espinasse. Entro nel CrossTest, dove c’era tantissima gente, forse anche troppo carico... e infatti dopo cinque curve sono scivolato. Lì mi sono concentrato al massimo, ho aggredito ogni curva e ho vinto la speciale, la gara e il titolo nella gara di casa. Una figata”.

 

Penso di sapere quale fosse il tuo obiettivo: fare la perfect season come James Stewart nel National 2008! Però non ci sei riuscito perché in Grecia, nel day2, è arrivato un 3° posto…

A inizio stagione non avevo pensato alla perfect season ma a raggiungere il titolo. Poi mi sono reso conto di essere un po’ superiore ai miei avversari tanto da vincere tutte le giornate fino al GP di Spagna. In Grecia sono arrivato forse un po’ provato dal caldo, oltre che dal momento; lì c’era una calura pazzesca, ho vinto il day1 ma il day2 non ho guidato come volevo e i tempi non uscivano. Mi sarebbe piaciuto portare a casa tutte le giornate, ma va bene così!”.

 

Lo scorso anno mi avevi detto di essere un pilota a mezzo servizio perché non ti potevi allenare come avresti voluto, anche a causa della scuola da ultimare. Quanto sei cresciuto quest’anno che ti sei dedicato il 100% alla moto e dove hai visto le differenze più grandi su te stesso?

La stagione 2019 è stata la prima da professionista, senza impegni esterni al mondo della moto. La differenza più importate è allenamento: ho fatto un bell’inverno e, anche mentalmente, sono molto più concentrato nel lavoro per raggiungere l’obiettivo finale”.

 

Come fai a raggiungere la concentrazione? Non è semplice alzarsi, andare a prendere la moto in parco chiuso e dopo cinque minuti essere allo start di una linea bastarda come quella della Valli. Quale è il tuo segreto?

“Questo è uno dei problemi più importanti dell’Enduro. Il secondo giorno, soprattutto, quando parti e sei un po’ più addormentato e legnoso. Non c’è un segreto: io cerco di fare un po’ di riscaldamento e di concentrarmi su me stesso. Ma già dopo la prima speciale si comincia a rientrare nella norma. Anche il Supertest è scioccante per un pilota: da quando prendi la moto a quando la riporti in parco chiuso passano solo dieci minuti, in cui però hai fatto di tutto”.

 

Tanti oggi si aiutano con la musica per estraniarsi dal mondo prima di una gara. È una cosa che fai anche tu?

“No. Io mi cambio tranquillo, parlo con i meccanici e i compagni di squadra e faccio qualche battuta con loro”.

 

Cosa durante una gara ti fa godere di più? Una volta Simone Albergoni mi disse che il massimo godimento per lui era in linea, quando sentiva la punta dei paramani pelare gli alberi a 80 all’ora. Roba da pelle d’oca, diceva…

“Non ho una speciale che apprezzo più di un’altra. In generale il CrossTest mi piace sempre, mentre per l’EnduroTest preferisco quelli più tecnici e guidati rispetto a quelli veloci e più da pelo. L’estrema, forse perché aiutato anche dalle gambe lunghe, mi piace molto. Venendo alla domanda, penso che la cosa più bella è quando sei al limite sulla moto, quando rischi un po’ e capisci che quel terreno è scivoloso ma tu non molli, quando sei sempre in bilico tra scivolare e stare in piedi, quando le due gomme vanno via insieme e mentre pennelli traiettorie incredibili nel fettucciato. Ecco, quando percepisci di essere su quel filo sottile raggiungi il massimo godimento. Non capita spesso questa situazione magica, ma quando si è molto concentrati in quello che si sta facendo può verificarsi. E quando succede ti senti invincibile, senti di non poter cadere e di poter fare tutto: sei una situazione difficile da spiegare a parole e che bisognerebbe provare, ma provarla non è semplice”.

 

Hai vinto la EJ. Nelle prossime due gare del Mondiale correrai ancora nella Junior o nella E1, così da accorciare l’apprendimento?

“Ci sono ancora due gare a settembre... abbiamo discusso con il team ma non abbiamo ancora preso una decisione, per cui state attenti alla entry list della Repubblica Ceca!”.

 

Lo scorso anno mi avevi detto di soffrire parecchio la seconda giornata di gara, in primis a causa della preparazione fisica. È ancora così?

“Rispetto allo scorso anno sono migliorato molto, anche se non ho sanato completamente questo punto debole. C’è ancora bisogno di tanto allenamento per mettere a punto qualche particolare per poter essere al 100% anche nella seconda giornata. Qualsiasi pilota è più provato nel day2, ma l’obiettivo rimane quello di mantenere le stesse velocità e lucidità del day1. E per far questo bisogna allenarsi di più”.

 

Il tuo rivale numero uno del 2018 Matteo Cavallo sta facendo una buona stagione in E1, soprattutto considerando il fatto che ha cambiato moto, team e tipologia di motore. Te lo aspettavi così in palla già da subito?

Lui ha stravolto la sua situazione. Secondo me è partito un po’ sottotono a inizio stagione, mentre adesso ha preso un buon ritmo. Mi aspettavo che potesse andare forte come sta facendo e, senza dubbio, rimane un avversario anche per la prossima stagione”.

 

Inizi già ad annusare il profumo di una nuova rivalità con lui?

“Sicuramente, con lui e con gli altri”.

 

Se dovessi mandare ora un messaggio ai tuoi rivali quale manderesti?

“Non sono il tipo da mandare messaggi intimidatori. Aspettiamo il verdetto della prima gara”.

 

Se dovessi dirmi i due pregi della tua TM e una cosa dove invece si potrebbe migliorare quale indicheresti?

“Ha due grandi pregi. Uno è il motore, che ha una grande potenza gestita in maniera ottimale: ha una bella erogazione e in qualsiasi prova speciale va bene. L’altro pregio è la maneggevolezza: non mi sono mai sentito in difficoltà in nessuna situazione. Non c’è niente da migliorare, anche perché se su una moto da mondiale ci sono grandi lavori da fare significa che la moto non va bene”.

 

Quanti anni rimarrai in sella alla TM?

“Alla fine del 2017 ho fatto con loro un contratto triennale, che scadrà nel 2020. Poi si vedrà, con la squadra mi trovo bene, ma non possiamo dare ora una risposta a questa domanda”.

 

Sei uno molto esigente con te stesso, uno che si dà obiettivi sfidanti e che cerca sempre di raggiungerli. Quale è il prossimo che hai messo nel mirino?

Io sono una persona che va avanti per stimoli: se li ho riesco a spingere e a migliorare. Se io dovessi andare in moto solo per divertirmi senza fare gare… forse non ci andrei. Mi piace andare in moto perché c’è la competizione, la sfida e tutto quello che ne deriva. Cerco sempre di pormi un obiettivo, mettendo in sfida me stesso con gli altri. Quindi... io sempre avuto dei sogni: uno era diventare pilota professionista e un altro era vincere un mondiale. L’ultimo, era quello di essere il più forte in assoluto. Due sono riusciti a raggiungerli, ora manca il terzo. E ce la metterò tutta, anche se è quello più difficile”.

Attenzione, AV99 ha puntato l’obiettivo.

 

Andrea Verona: l'uomo degli obiettivi
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La moto

Luca Cherubini, il team manager della squadra pesarese, ci svela i segreti della TM EN 250 Fi vincitrice della EJ. Il nostro tester Simone Zaffaroni, invece, il suo comportamento

Dopo aver messo sotto torchio il pilota è il momento del team manager: è infatti il marchigiano Luca Cherubini a spiegarci come è fatta la moto del suo campione.

                                        

Luca, parliamo dello sviluppo di questa moto che ha, oggettivamente, grandi prestazioni!

Questa 250 è nata dal progetto Moto3. Parti di questo motore, infatti, sono state sviluppate per la velocità. Poi è stato trasformato per il Cross, sviluppato per due anni e da quella base è nata la sorella da Enduro. Dalla Moto3 arriva tutta la parte termica, quindi cilindro, testa, pistone, distribuzione e doppio scarico. E quando Andrea l’ha provata ha notato subito le differenze rispetto all’altra”.

 

Qundo dici “all’altra” a quale fai riferimento?

“Alla sorella monoscarico, quella con la testa diversa. La moto con cui ha vinto il titolo quest’anno l’abbiamo fatta debuttare, come reparto corse, lo scorso anno dopo l’estate, tanto che Andrea ha voluto finire la stagione con questa moto (che poi è versione Cross Country MY 2019 attualmente in vendita, ndr)”.

 

Quindi, termica della Moto3. E il basamento?

È quello della moto da Enduro. Andrea, infatti, utilizza il cambio Enduro”.

 

Quali sono i benefici di avere a disposizione un prodotto sviluppato per la Moto3, quindi iperstressato?

“Il vantaggio è che nella velocità, anche grazie alla telemetria, è più facile prendere la strada giusta. Noi lo abbiamo endurizzato dal punto di vista della gestione della potenza e dell’erogazione”.

 

L’airbox in posizione frontale, poi, per voi è ormai un must!

“Sì, abbiamo trovato un bel compromesso, che soprattutto funziona. Il beneficio lo abbiamo trovato, oltre che nel funzionamento del motore, nel differente bilanciamento dei pesi”.

 

Per il telaio invece cosa utilizzate?

“Quello da Enduro, di serie”.

 

Come da tradizione TM, usate pochissimo materiale aftermarket!

Sì, poca roba. C’è il guscio della cassa filtro in carbonio CRM, il paramotore, il manubrio senza traversino, i carter ricavati dal pieno. Anche se comunque tutto è a catalogo Spare Parts. Da sempre in TM la filosofia è che le gare servono per lo sviluppo del prodotto”.

 

E oggi, qui, a livello siamo arrivati?

“Onestamente buono, e non perché lavoro in TM. A parte i risultati, lo vediamo per affidabilità e prestazioni. Poi è chiaro, se metti sopra il cavallo giusto…”.

 

A livello di rotazione motori ogni quanto li fate “girare”?

“Come reparto corse se le gare che affrontiamo non sono provanti a livello di terreno facciamo la revisione completa dei motori ogni tre GP, quindi sei giornate. Se invece sono proibitive ogni due GP. Ovviamente tra una gara e l’altra si fa la manutenzione ordinaria”.

 

Derivando il motore dalla velocità c’è qualche diavoleria elettronica?

“No. C’è una centralina con due mappature: una full power, la numero 1, e un’altra, la numero 2, con il traction control, che non è un vero e proprio TC ma un sistema che smussa l’erogazione. Questa mappatura i piloti la usano molto, anche durante la stessa speciale”.

 

Passando al team, il gruppo Enduro sta vivendo un bel periodo. Come si è arrivati questo?

“All’inizio non è stato facile (la sua prima stagione da manager è stata nel 2011, ndr). Il vero passo in avanti lo abbiamo fatto quando è arrivato Eero Remes. Contemporaneamente il team si è amalgamato e siamo così diventati attrattivi per i piloti, anche grazie alla continuità di risultati e di affidabilità. Siamo entrati in punta di piedi in quel cerchio ristretto di protagonisti. Anche l’azienda ci ha creduto, è infatti oggi c’è un vero reparto corse che lavora solo per le gare, cosa che prima non c’era. Stiamo facendo un bel lavoro, anche perché la disciplina Enduro commercialmente parlando è una parte importante dell’azienda, e i titoli mondiale vinti ci hanno dato e ci stanno dando una mano”.

 

Ora con Andrea Verona avete in mano il miglior giovane che c’è in circolazione. Che idea ti sei fatto di lui?

“La prima volta che è venuto a casa mia con i genitori, e c’era ancora il papà, mi è bastato guardare come si muovevano a livello familiare per capire il suo valore, una cosa oggi rarissima. Andrea è uno che ha la sua identità, e quel che gli è successo lo scorso anno con la scomparsa del papà ha dato un’ulteriore sostegno alla sua forza caratteriale. È uno tosto insomma, e poi sa ragionare. Come pilota inoltre ha un fortissimo potenziale, e nonostante la giovane età i difetti sono davvero pochi. Sta ancora pagando l’inesperienza nel professionismo puro, ma è uno che impara in fretta, che chiede, che vuole capire, e questo vuol dire tanto. E poi ha questa guida particolare, che fa scorrere tanto la moto: se lo metti in condizione è uno che rende, anche perché quando un pilota ha gli exploit di Andrea, pensiamo al terzo posto assoluto virtuale nel day1 in Grecia, vuol dire che c’è davvero del buono. Ha il talento, ma non solo quello, perché la sua testa è capace di fare la differenza”.     

 

 

Simone Zaffaroni in azione
Simone Zaffaroni in azione
Simone Zaffaroni in azione
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Simone Zaffaroni: ecco come va la moto di Andrea

Precisa, rombante all’aspirazione e curata all’inverosimile. In tre parole, ecco a voi la moto di AV99. In sella non si hanno dubbi, questa Factory è cucita sulla guida di Andrea; guida pulita, precisa e dannatamente efficace. La seduta è un po’ più alta, questo per via di una sella ben imbottita (Verona è più alto di 1,80 m), il manubrio è dritto e basso e i comandi sono tutti a portata di mano. Avviamento elettrico, e via di gas: il sound è inconfondibile! Il motore gira pieno e così velocemente che ricorda lontanamente una moto da Supercross. La risposta al gas è secca e diretta, la schiena e la forza motrice che sprigiona sono inaudite.
Fuori dalle curve, spinge veramente forte; e proprio quando pensi che sia arrivato il momento di cambiare per far stendere il motore, lei ne ha ancora e ancora. Agganci la marcia e arrivi agli alti come un missile. Infine, sospensioni sostenute ma con una partenza piuttosto libera. Tutto qui, nulla di extra-terreste... è il lavoro accurato che rende questa piccola TM precisa, maledettamente prestante e, nelle mani giuste, semplicemente vincente.

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