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Intervista Gautier Paulin. Segni particolari: stilosissimo!
il 13/09/2012 in News
È nato sulle BMX. È giovane, è bello e ha le idee chiare. Stilosissimo in sella, è la faccia nuova della MX1

Se è vero, come qualche corrente di pensiero sostiene,
che la vita è un cammino volto alla ricerca
e alla costruzione della propria identità, possiamo
tranquillamente affermare che Gautier Paulin,
quest'anno, ha raggiunto una tappa fondamentale
di questo delicato percorso.
Eh sì, perché il francese, finalmente in MX1 in sella alla KX 450F Factory del Team Kawasaki Racing, sembra aver trovato la sua vera identità. Lo confermano – andando a ritroso – il terzo posto mancato di Beto Carrero (a pari punti con Strijbos), il quarto posto a Fermo (questa volta a un punto dal podio) e la quarta piazza di Valkenswaard; ma, soprattutto, la vittoria in Bulgaria, dopo una serie di duelli mozzafiato con il connazionale Christophe Pourcel, anche lui in sella a una Kawasaki, anche se ben diversa dalla sua, come ci tiene far sapere GP21. Se consideriamo che Gautier, cresciuto a pane e BMX, ha cominciato a correre nel Cross piuttosto tardi, la velocità del suo apprendistato ha del miracoloso. E, anche se ci insegnano sempre che non è carino dire: "L'avevo detto"… cavolo, io l'avevo detto davvero! Già dalla passata stagione sostenevo che Gautier sarebbe stato meglio in sella a una quattroemmezzo piuttosto che a una duemmezzo. Del resto più di un indizio sul feeling di Paulin con la MX1 lo avevamo avuto in almeno un paio di edizioni del Motocross delle Nazioni e nella prova conclusiva della stagione 2011, quando - a Fermo - aveva stravinto in MX1 da wild card. E, dettaglio non trascurabile, lo aveva fatto guidando divinamente: sciolto, misurato ed efficace come mai lo avevamo visto in MX2. I motivi di questo passaggio "ritardato" li chiediamo direttamente a lui, in questa intervista che il simpatico ragazzo della Provenza ci rilascia proprio alla vigilia del Gran Premio di casa a Saint Jean D'Angely.
Gautier, te lo devo proprio chiedere: chi te l'ha fatto fare di correre un altro anno in MX2 nel 2011? Non ti sentivi ancora pronto per la grossa cilindrata? O si è trattato di strategie in seno a Yamaha?
"In realtà è stata una scelta determinata da più fattori: con Rinaldi avevamo questo progetto di correre in MX2 con la 250 a iniezione, moto con la quale avevo un ottimo feeling e andavo forte. Volevamo provare a vincere il titolo! Certo, sapevo che il livello era molto alto e che con la mia stazza sarei stato svantaggiato in quella classe; ma d'altra parte non volevo passare subito in MX1 per arrivare quinto a fine campionato. Volevo andare in MX1 e vincere subito, o comunque giocarmela… ecco perché ho deciso di rimanere un altro anno in MX2. È stato bello e, se dovessi scegliere, lo rifarei".
Altra domanda scottante: in Messico hai ottenuto un buon quarto posto in Gara1, quindi potenzialmente avresti potuto ambire almeno al podio a fine giornata. Ma la tua Kawa ti ha lasciato a piedi nel sighting lap di Gara2: qual è stata la prima cosa che hai pensato? Sii sincero!
"La prima cosa che ho pensato è che una cosa del genere poteva succedere solo a me! Ero davvero arrabbiato. La pista era difficile, ma sentivo di poterla interpretare al meglio e poi ero in formissima, molto carico. Sono tornato al team per far analizzare la moto e mi hanno detto che è stato un problema di elettronica. Non so se si trattava della centralina o di un cablaggio, non hanno voluto dirmi di più".
Honda, Kawasaki, Yamaha e ancora Kawasaki: dicci un pregio e un difetto delle moto che hai cavalcato finora.
"È difficile da dire, perché per esempio con la Honda ho corso solo l'Europeo. Ma mi piaceva il suo motore perché spingeva molto in basso e, in generale, era una bella moto da guidare. L'anno dopo sono passato alla Kawasaki duemmezzo di Molson per correre in MX2: ottima moto anche quella, ma il motore rompeva un po' troppo. Stessa cosa per la Kawasaki di Bud Racing. La moto si guidava bene, era potente, ma avevo sempre qualche rottura. La Yamaha del 2010 l'ho trovata un po' vuota in basso; poi le sospensioni si scaldavano, quindi la moto si alzava molto sul posteriore nel corso della manche. Nel 2011 è migliorata moltissimo e, nel complesso, era una buona moto. Se devo essere sincero, però, credo di non avere mai avuto la migliore moto negli anni passati in MX2. La Kawasaki di quest'anno è la moto migliore che abbia mai guidato, è poi il mio team è full Factory; questo significa avere sempre il materiale migliore, oltre che il supporto diretto dal Giappone".
Hai qualche rimpianto negli anni passati in MX2? Qualcosa che senti avresti potuto dare e che non sei riuscito a raggiungere?
"No, non ho rimpianti. Ho sempre dato il 100% e quello che è successo è successo. Anche quando ho dovuto stare fermo parecchio tempo per gli infortuni, sapevo che comunque avevo fatto del mio meglio e dato tutto quello che si poteva dare".
Hai un passato nella BMX, dove hai ottenuto, giovanissimo, risultati eccellenti (campione del mondo nel 1999, ndr). Come hai maturato il passaggio al Motocross? Quali sono i vantaggi che ti ha portato questa esperienza?
"La BMX è stata un'ottima palestra soprattutto per quanto riguarda la tecnica, oltre che per il fatto di arrivare qui già avvezzo alle competizioni. Il vero problema del passaggio da una disciplina all'altra è stato l'essere al top. Voglio dire: sono passato dalle bici, dove ero campione del mondo, alle moto, dove ero a livello regionale. Per fortuna la strada non è stata molto lunga… sono arrivato presto al Mondiale! Il passaggio è stato naturale: il mio sogno è sempre stato quello di andare in moto, ma era troppo costoso, per cui all'inizio ho 'ripiegato' sulle competizioni in bici, che avevano tutto sommato un costo più abbordabile"
All'inizio della tua carriera Jacky Vimond ti ha seguito molto da vicino. Raccontaci il tuo rapporto con lui.
"Ho conosciuto Jacky quando correvo nell'Europeo nel team di Paolo Martin. Era l'inverno del 2006 e Jacky era stato ingaggiato da Honda per seguire Antoine Meo. Io li ho affiancati, lavoravo con loro e quando Meo si è fatto male ho avuto Jacky al 100% per me. Mi ha insegnato molto e gliene sono grato".
GP di casa: sei teso o il calore dei fans ti sprona a fare ancora meglio?
"Io adoro correre davanti ai miei fans! Non sento la tensione e sapere che sono lì per me mi carica ancora di più!".
A proposito della tua nazione, al momento la Francia sembra essere il paese con più assi nella manica. Può vantare piloti già affermati come te, Christophe Pourcel, il tuo compagno di squadra Xavier Boog, Steven Frossard, ma anche giovani talenti in crescita, come Christophe Charlier, Dylan Ferrandis e Jordi Tixier. Come ti spieghi questo fatto? Il futuro del Motocross parla francese? È merito della Federazione?
"Sai, non credo che sia un discorso di Federazione. Voglio dire, non penso che la quella francese investa sui giovani più di quanto non facciano quella italiana o di altri paesi. Per esempio, io non sono mai stato aiutato in questo senso, posso dire di essermi fatto da solo. Penso, quindi, che si tratti piuttosto di un effetto 'trascinamento': quando hai due piloti che vanno forte, il terzo vuole arrivare allo stesso livello e, di conseguenza, anche il quarto non vuole essere da meno e, così, i giovani che vedono i campioni vogliono a loro volta diventarlo. D'altra parte chi sta 'in alto' deve dare l'esempio, no? Ecco, penso che i risultati dei fuoriclasse francesi in questo sport abbiano spronato e continuino a spronare le giovani leve a fare altrettanto".
Il Motocross delle Nazioni. Un evento che tutti i piloti sembrano gradire e nel quale sono pronti a dare il meglio e il massimo. Anche se sei molto giovane, hai già diverse partecipazioni e vittorie alle spalle. Gautier, come vivi questa esperienza?
"Ho sempre paragonato il Nazioni a una gara di BMX: ti giochi tutto in un giorno. Il titolo arriva se quel giorno tutto - tu, la tua moto, il tuo team e il fattore X - funziona alla perfezione. Ho dei ricordi bellissimi delle edizioni del Nazioni a cui ho partecipato. Per lo meno di due su tre".
Come vedi il tuo futuro? Nel 2010 hai fatto una 'capatina' negli States, dove hai preso parte a quattro prove dell'AMA SX Lites: come ti sei trovato? Hai in programma un'altra esperienza nel Supercross made in USA o il tuo campo di battaglia rimane il Mondiale Motocross?
"Guarda, io sono sempre molto aperto alle nuove proposte e non dico mai di no a priori; ma se devo dirti la verità, il mio futuro lo vedo qui in Europa, in MX1. L'equilibrio che ho raggiunto quest'anno è praticamente perfetto e non vorrei cambiare nulla. Posso stare in Francia con la mia famiglia e la mia ragazza, sono vicino al team, con il quale mi trovo molto bene, e la moto mi calza alla perfezione. No, non vorrei cambiare, almeno per ora".
Una volta hai dichiarato che lavori così intensamente durante la settimana, che il week-end di gara ti sembra quasi una "vacanza", perché devi correre "solo" due manche da 35 minuti più due giri. È ancora così? Come è strutturato il tuo programma di allenamento tra un Gran Premio e l'altro? Raccontaci.
"In settimana macino molti chilometri in bici da strada e un po' anche in mountain bike, faccio parecchie uscite in moto (dalle due alle quattro a settimana, escluse le gare, ovviamente) poi palestra, nuoto… insomma, comincio la mattina e finisco la sera: per me è come una giornata di lavoro!"
Quest'anno c'è stata una trasferta oltreoceano piuttosto impegnativa, che tra tutto ti ha tenuto impegnato circa due settimane. Ti ha stancato? Hai risentito del fuso orario?
"Per fortuna non ho mai risentito del fuso orario e sono sempre in forma! Ma quando sto via così tanto e poi torno a casa, il primo pensiero è: 'Che bello dormire nel mio letto'".
Stando alle dichiarazioni, l'intento di Youthstream è quello di aumentare le trasferte oltreoceano: non solo in America Latina, ma anche in Asia e Africa. Se i programmi di Luongo si realizzeranno, questa sarà una realtà che i piloti dovranno affrontare. Cosa pensi a riguardo? Sarà difficile gestire il carico di lavoro in più che, inevitabilmente, le trasferte lunghe comportano?
"Penso che sarà più difficile sia per i team - per la logistica e per i maggiori costi che le trasferte più lunghe comporteranno - sia fisicamente per noi piloti: ma se è da fare lo faremo. Poi io sono uno easy: non mi pesa fare a meno del camper, dormire in hotel e mangiare cose diverse dal solito".
Hai un carattere aperto e solare, saluti sempre tutti e, cosa importante, non dimentichi mai di ringraziare la tua squadra, il tuo manager, i tuoi sponsor. Sembrano cose scontate, ma in realtà lo sono molto meno di quanto si possa pensare. Ti viene naturale o ci hai lavorato sopra?
"No, no, sono fatto così. Lo sono sempre stato, fa parte dell'educazione che ho ricevuto".
Parliamo della tua squadra: nel 2008 Thierry Chizat Suzzoni ha preso in mano le sorti del Team Kawasaki Factory e si è prefisso un obiettivo: riportare le verdone alla ribalta. Suppongo fosse conscio che il successo non arriva dall'oggi al domani. E infatti nel tempo ha messo insieme un pool di professionisti che sanno il fatto loro: Francois Lemariey come team manager e Yves Demaria in qualità di direttore sportivo. A parte il fatto che parlate la stessa lingua, come ti trovi con loro? E con il tuo compagno di squadra Xavier Boog?
"Mi trovo molto bene con il team, sia dal punto di vista umano sia da quello professionale. Hanno le risorse economiche per svolgere il lavoro al meglio e lo fanno! Abbiamo un ottimo supporto dagli sponsor, il migliore materiale tecnico, il tutto accompagnato da una atmosfera positiva… insomma, abbiamo tutto quello che serve per vincere. E vado anche molto d'accordo con il mio compagno di squadra!".
Quanto potete contare sul supporto della casa madre? Lavorate a stretto contatto con Kawasaki Giappone? Fornite feed-back tecnici presi in considerazione per la produzione? In questo c'è differenza rispetto agli altri team per i quali hai corso?
"Prima di tutto la mia è una squadra ufficiale a tutti gli effetti, l'unica Kawasaki a godere del supporto diretto del Giappone e che lavora a stretto contatto con l'America: ci scambiamo informazioni e lavoriamo fianco a fianco. Anche da questo punto di vista è il miglior team con cui abbia mai corso. Con gli altri non avevamo tutto questo supporto dalla casa madre". (Poi, in un moto di orgoglio, ci tiene a sottolineare che il team del rivale Pourcel non riceve nulla dal Giappone, ndr).
Veniamo a cose più frivole... che bello il logo GP21 sul tuo casco! Come ti è venuta questa idea?
"Alla TV hanno cominciato a chiamarmi così, e poi anche i miei fans. Così ho deciso di adottarlo: con la mia fidanzata e il meccanico che mi segue negli allenamenti abbiamo fatto un primo disegno, quello con cui ho corso nel 2011. Quest'anno, con la collaborazione del designer francese OCD, lo abbiamo reso un po' più aggressivo e questo è il risultato. Bello, eh?".
La più grossa delusione da quando corri, BMX compresa...
"Sicuramente il mio infortunio del 2008, quando sono stato fermo nove mesi a causa della frattura della tibia e del perone. È stata davvero dura: i primi tempi non riuscivo nemmeno a farmi la doccia da solo".
Il momento più bello da pilota?
"Ogni volta che ho vinto una gara".
Il momento più bello fuori dai campi di gara, considerando che non hai fatto come Casey Stoner, non sei sposato e non hai ancora figli!
"Quando vado in vacanza con la mia ragazza, senza telefono e senza internet, oltre ai momenti che passo in famiglia, che per me sono molto importanti".
Sei fidanzatissimo con Clémentine. Cosa ti ha fatto innamorare?
"Tutto! Lei non viene da questo mondo, quindi non parliamo solo di moto, moto, e ancora moto. L'ho conosciuta a Bercy nel 2007 ed è il mio primo vero amore. Siamo molto in sintonia, la pensiamo allo stesso modo sulle cose importanti della vita… in più è una bella ragazza!".
Hai 22 anni: dove ti vedi tra una decina d'anni?
"Dove sono nato, a Draguignan, in una bella casa con due bambini e un cane! Magari farò un lavoro al di fuori di questo mondo o, magari, farò il preparatore di un nuovo talento francese. Chi lo sa? Ma sui due bambini e il cane non scherzo e non transigo!"
Una cosa che proprio non sopporti.
"Le persone e le cose false, la falsità in generale. Sono una persona sincera, tutta d'un pezzo".
Una cosa che apprezzi.
"La buona cucina, cosa che ho preso da mio papà".
Guidi tu la moto o ti lasci guidare da lei?
"Io la guido, penso di avere uno stile tutto mio, ma sono io che comando, non lei".
La sensazione più bella quando sei in pista con la tua Kawasaki...
"Fare una curva fantastica è il massimo per me".
La sensazione più brutta quando sei in pista con la tua moto.
"Non ne ho".
Il tuo sogno (a parte vincere il Mondiale, sarebbe troppo facile)?
"A fine anno comprare la casa dei nostri sogni e andarci subito a vivere: io, Clémentine e un cane corso".
Non ci sono dubbi, GP21 ha le idee chiare. Anzi, chiarissime.
Eh sì, perché il francese, finalmente in MX1 in sella alla KX 450F Factory del Team Kawasaki Racing, sembra aver trovato la sua vera identità. Lo confermano – andando a ritroso – il terzo posto mancato di Beto Carrero (a pari punti con Strijbos), il quarto posto a Fermo (questa volta a un punto dal podio) e la quarta piazza di Valkenswaard; ma, soprattutto, la vittoria in Bulgaria, dopo una serie di duelli mozzafiato con il connazionale Christophe Pourcel, anche lui in sella a una Kawasaki, anche se ben diversa dalla sua, come ci tiene far sapere GP21. Se consideriamo che Gautier, cresciuto a pane e BMX, ha cominciato a correre nel Cross piuttosto tardi, la velocità del suo apprendistato ha del miracoloso. E, anche se ci insegnano sempre che non è carino dire: "L'avevo detto"… cavolo, io l'avevo detto davvero! Già dalla passata stagione sostenevo che Gautier sarebbe stato meglio in sella a una quattroemmezzo piuttosto che a una duemmezzo. Del resto più di un indizio sul feeling di Paulin con la MX1 lo avevamo avuto in almeno un paio di edizioni del Motocross delle Nazioni e nella prova conclusiva della stagione 2011, quando - a Fermo - aveva stravinto in MX1 da wild card. E, dettaglio non trascurabile, lo aveva fatto guidando divinamente: sciolto, misurato ed efficace come mai lo avevamo visto in MX2. I motivi di questo passaggio "ritardato" li chiediamo direttamente a lui, in questa intervista che il simpatico ragazzo della Provenza ci rilascia proprio alla vigilia del Gran Premio di casa a Saint Jean D'Angely.
Gautier, te lo devo proprio chiedere: chi te l'ha fatto fare di correre un altro anno in MX2 nel 2011? Non ti sentivi ancora pronto per la grossa cilindrata? O si è trattato di strategie in seno a Yamaha?
"In realtà è stata una scelta determinata da più fattori: con Rinaldi avevamo questo progetto di correre in MX2 con la 250 a iniezione, moto con la quale avevo un ottimo feeling e andavo forte. Volevamo provare a vincere il titolo! Certo, sapevo che il livello era molto alto e che con la mia stazza sarei stato svantaggiato in quella classe; ma d'altra parte non volevo passare subito in MX1 per arrivare quinto a fine campionato. Volevo andare in MX1 e vincere subito, o comunque giocarmela… ecco perché ho deciso di rimanere un altro anno in MX2. È stato bello e, se dovessi scegliere, lo rifarei".
Altra domanda scottante: in Messico hai ottenuto un buon quarto posto in Gara1, quindi potenzialmente avresti potuto ambire almeno al podio a fine giornata. Ma la tua Kawa ti ha lasciato a piedi nel sighting lap di Gara2: qual è stata la prima cosa che hai pensato? Sii sincero!
"La prima cosa che ho pensato è che una cosa del genere poteva succedere solo a me! Ero davvero arrabbiato. La pista era difficile, ma sentivo di poterla interpretare al meglio e poi ero in formissima, molto carico. Sono tornato al team per far analizzare la moto e mi hanno detto che è stato un problema di elettronica. Non so se si trattava della centralina o di un cablaggio, non hanno voluto dirmi di più".
Honda, Kawasaki, Yamaha e ancora Kawasaki: dicci un pregio e un difetto delle moto che hai cavalcato finora.
"È difficile da dire, perché per esempio con la Honda ho corso solo l'Europeo. Ma mi piaceva il suo motore perché spingeva molto in basso e, in generale, era una bella moto da guidare. L'anno dopo sono passato alla Kawasaki duemmezzo di Molson per correre in MX2: ottima moto anche quella, ma il motore rompeva un po' troppo. Stessa cosa per la Kawasaki di Bud Racing. La moto si guidava bene, era potente, ma avevo sempre qualche rottura. La Yamaha del 2010 l'ho trovata un po' vuota in basso; poi le sospensioni si scaldavano, quindi la moto si alzava molto sul posteriore nel corso della manche. Nel 2011 è migliorata moltissimo e, nel complesso, era una buona moto. Se devo essere sincero, però, credo di non avere mai avuto la migliore moto negli anni passati in MX2. La Kawasaki di quest'anno è la moto migliore che abbia mai guidato, è poi il mio team è full Factory; questo significa avere sempre il materiale migliore, oltre che il supporto diretto dal Giappone".
Hai qualche rimpianto negli anni passati in MX2? Qualcosa che senti avresti potuto dare e che non sei riuscito a raggiungere?
"No, non ho rimpianti. Ho sempre dato il 100% e quello che è successo è successo. Anche quando ho dovuto stare fermo parecchio tempo per gli infortuni, sapevo che comunque avevo fatto del mio meglio e dato tutto quello che si poteva dare".
Hai un passato nella BMX, dove hai ottenuto, giovanissimo, risultati eccellenti (campione del mondo nel 1999, ndr). Come hai maturato il passaggio al Motocross? Quali sono i vantaggi che ti ha portato questa esperienza?
"La BMX è stata un'ottima palestra soprattutto per quanto riguarda la tecnica, oltre che per il fatto di arrivare qui già avvezzo alle competizioni. Il vero problema del passaggio da una disciplina all'altra è stato l'essere al top. Voglio dire: sono passato dalle bici, dove ero campione del mondo, alle moto, dove ero a livello regionale. Per fortuna la strada non è stata molto lunga… sono arrivato presto al Mondiale! Il passaggio è stato naturale: il mio sogno è sempre stato quello di andare in moto, ma era troppo costoso, per cui all'inizio ho 'ripiegato' sulle competizioni in bici, che avevano tutto sommato un costo più abbordabile"
All'inizio della tua carriera Jacky Vimond ti ha seguito molto da vicino. Raccontaci il tuo rapporto con lui.
"Ho conosciuto Jacky quando correvo nell'Europeo nel team di Paolo Martin. Era l'inverno del 2006 e Jacky era stato ingaggiato da Honda per seguire Antoine Meo. Io li ho affiancati, lavoravo con loro e quando Meo si è fatto male ho avuto Jacky al 100% per me. Mi ha insegnato molto e gliene sono grato".
GP di casa: sei teso o il calore dei fans ti sprona a fare ancora meglio?
"Io adoro correre davanti ai miei fans! Non sento la tensione e sapere che sono lì per me mi carica ancora di più!".
A proposito della tua nazione, al momento la Francia sembra essere il paese con più assi nella manica. Può vantare piloti già affermati come te, Christophe Pourcel, il tuo compagno di squadra Xavier Boog, Steven Frossard, ma anche giovani talenti in crescita, come Christophe Charlier, Dylan Ferrandis e Jordi Tixier. Come ti spieghi questo fatto? Il futuro del Motocross parla francese? È merito della Federazione?
"Sai, non credo che sia un discorso di Federazione. Voglio dire, non penso che la quella francese investa sui giovani più di quanto non facciano quella italiana o di altri paesi. Per esempio, io non sono mai stato aiutato in questo senso, posso dire di essermi fatto da solo. Penso, quindi, che si tratti piuttosto di un effetto 'trascinamento': quando hai due piloti che vanno forte, il terzo vuole arrivare allo stesso livello e, di conseguenza, anche il quarto non vuole essere da meno e, così, i giovani che vedono i campioni vogliono a loro volta diventarlo. D'altra parte chi sta 'in alto' deve dare l'esempio, no? Ecco, penso che i risultati dei fuoriclasse francesi in questo sport abbiano spronato e continuino a spronare le giovani leve a fare altrettanto".
Il Motocross delle Nazioni. Un evento che tutti i piloti sembrano gradire e nel quale sono pronti a dare il meglio e il massimo. Anche se sei molto giovane, hai già diverse partecipazioni e vittorie alle spalle. Gautier, come vivi questa esperienza?
"Ho sempre paragonato il Nazioni a una gara di BMX: ti giochi tutto in un giorno. Il titolo arriva se quel giorno tutto - tu, la tua moto, il tuo team e il fattore X - funziona alla perfezione. Ho dei ricordi bellissimi delle edizioni del Nazioni a cui ho partecipato. Per lo meno di due su tre".
Come vedi il tuo futuro? Nel 2010 hai fatto una 'capatina' negli States, dove hai preso parte a quattro prove dell'AMA SX Lites: come ti sei trovato? Hai in programma un'altra esperienza nel Supercross made in USA o il tuo campo di battaglia rimane il Mondiale Motocross?
"Guarda, io sono sempre molto aperto alle nuove proposte e non dico mai di no a priori; ma se devo dirti la verità, il mio futuro lo vedo qui in Europa, in MX1. L'equilibrio che ho raggiunto quest'anno è praticamente perfetto e non vorrei cambiare nulla. Posso stare in Francia con la mia famiglia e la mia ragazza, sono vicino al team, con il quale mi trovo molto bene, e la moto mi calza alla perfezione. No, non vorrei cambiare, almeno per ora".
Una volta hai dichiarato che lavori così intensamente durante la settimana, che il week-end di gara ti sembra quasi una "vacanza", perché devi correre "solo" due manche da 35 minuti più due giri. È ancora così? Come è strutturato il tuo programma di allenamento tra un Gran Premio e l'altro? Raccontaci.
"In settimana macino molti chilometri in bici da strada e un po' anche in mountain bike, faccio parecchie uscite in moto (dalle due alle quattro a settimana, escluse le gare, ovviamente) poi palestra, nuoto… insomma, comincio la mattina e finisco la sera: per me è come una giornata di lavoro!"
Quest'anno c'è stata una trasferta oltreoceano piuttosto impegnativa, che tra tutto ti ha tenuto impegnato circa due settimane. Ti ha stancato? Hai risentito del fuso orario?
"Per fortuna non ho mai risentito del fuso orario e sono sempre in forma! Ma quando sto via così tanto e poi torno a casa, il primo pensiero è: 'Che bello dormire nel mio letto'".
Stando alle dichiarazioni, l'intento di Youthstream è quello di aumentare le trasferte oltreoceano: non solo in America Latina, ma anche in Asia e Africa. Se i programmi di Luongo si realizzeranno, questa sarà una realtà che i piloti dovranno affrontare. Cosa pensi a riguardo? Sarà difficile gestire il carico di lavoro in più che, inevitabilmente, le trasferte lunghe comportano?
"Penso che sarà più difficile sia per i team - per la logistica e per i maggiori costi che le trasferte più lunghe comporteranno - sia fisicamente per noi piloti: ma se è da fare lo faremo. Poi io sono uno easy: non mi pesa fare a meno del camper, dormire in hotel e mangiare cose diverse dal solito".
Hai un carattere aperto e solare, saluti sempre tutti e, cosa importante, non dimentichi mai di ringraziare la tua squadra, il tuo manager, i tuoi sponsor. Sembrano cose scontate, ma in realtà lo sono molto meno di quanto si possa pensare. Ti viene naturale o ci hai lavorato sopra?
"No, no, sono fatto così. Lo sono sempre stato, fa parte dell'educazione che ho ricevuto".
Parliamo della tua squadra: nel 2008 Thierry Chizat Suzzoni ha preso in mano le sorti del Team Kawasaki Factory e si è prefisso un obiettivo: riportare le verdone alla ribalta. Suppongo fosse conscio che il successo non arriva dall'oggi al domani. E infatti nel tempo ha messo insieme un pool di professionisti che sanno il fatto loro: Francois Lemariey come team manager e Yves Demaria in qualità di direttore sportivo. A parte il fatto che parlate la stessa lingua, come ti trovi con loro? E con il tuo compagno di squadra Xavier Boog?
"Mi trovo molto bene con il team, sia dal punto di vista umano sia da quello professionale. Hanno le risorse economiche per svolgere il lavoro al meglio e lo fanno! Abbiamo un ottimo supporto dagli sponsor, il migliore materiale tecnico, il tutto accompagnato da una atmosfera positiva… insomma, abbiamo tutto quello che serve per vincere. E vado anche molto d'accordo con il mio compagno di squadra!".
Quanto potete contare sul supporto della casa madre? Lavorate a stretto contatto con Kawasaki Giappone? Fornite feed-back tecnici presi in considerazione per la produzione? In questo c'è differenza rispetto agli altri team per i quali hai corso?
"Prima di tutto la mia è una squadra ufficiale a tutti gli effetti, l'unica Kawasaki a godere del supporto diretto del Giappone e che lavora a stretto contatto con l'America: ci scambiamo informazioni e lavoriamo fianco a fianco. Anche da questo punto di vista è il miglior team con cui abbia mai corso. Con gli altri non avevamo tutto questo supporto dalla casa madre". (Poi, in un moto di orgoglio, ci tiene a sottolineare che il team del rivale Pourcel non riceve nulla dal Giappone, ndr).
Veniamo a cose più frivole... che bello il logo GP21 sul tuo casco! Come ti è venuta questa idea?
"Alla TV hanno cominciato a chiamarmi così, e poi anche i miei fans. Così ho deciso di adottarlo: con la mia fidanzata e il meccanico che mi segue negli allenamenti abbiamo fatto un primo disegno, quello con cui ho corso nel 2011. Quest'anno, con la collaborazione del designer francese OCD, lo abbiamo reso un po' più aggressivo e questo è il risultato. Bello, eh?".
La più grossa delusione da quando corri, BMX compresa...
"Sicuramente il mio infortunio del 2008, quando sono stato fermo nove mesi a causa della frattura della tibia e del perone. È stata davvero dura: i primi tempi non riuscivo nemmeno a farmi la doccia da solo".
Il momento più bello da pilota?
"Ogni volta che ho vinto una gara".
Il momento più bello fuori dai campi di gara, considerando che non hai fatto come Casey Stoner, non sei sposato e non hai ancora figli!
"Quando vado in vacanza con la mia ragazza, senza telefono e senza internet, oltre ai momenti che passo in famiglia, che per me sono molto importanti".
Sei fidanzatissimo con Clémentine. Cosa ti ha fatto innamorare?
"Tutto! Lei non viene da questo mondo, quindi non parliamo solo di moto, moto, e ancora moto. L'ho conosciuta a Bercy nel 2007 ed è il mio primo vero amore. Siamo molto in sintonia, la pensiamo allo stesso modo sulle cose importanti della vita… in più è una bella ragazza!".
Hai 22 anni: dove ti vedi tra una decina d'anni?
"Dove sono nato, a Draguignan, in una bella casa con due bambini e un cane! Magari farò un lavoro al di fuori di questo mondo o, magari, farò il preparatore di un nuovo talento francese. Chi lo sa? Ma sui due bambini e il cane non scherzo e non transigo!"
Una cosa che proprio non sopporti.
"Le persone e le cose false, la falsità in generale. Sono una persona sincera, tutta d'un pezzo".
Una cosa che apprezzi.
"La buona cucina, cosa che ho preso da mio papà".
Guidi tu la moto o ti lasci guidare da lei?
"Io la guido, penso di avere uno stile tutto mio, ma sono io che comando, non lei".
La sensazione più bella quando sei in pista con la tua Kawasaki...
"Fare una curva fantastica è il massimo per me".
La sensazione più brutta quando sei in pista con la tua moto.
"Non ne ho".
Il tuo sogno (a parte vincere il Mondiale, sarebbe troppo facile)?
"A fine anno comprare la casa dei nostri sogni e andarci subito a vivere: io, Clémentine e un cane corso".
Non ci sono dubbi, GP21 ha le idee chiare. Anzi, chiarissime.
Intervista Gautier Paulin. Segni particolari: stilosissimo!
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