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Giuseppe Tropepe: “Se tornassi a camminare, tornerei in moto”

Redazione
dalla Redazione il 02/10/2025 in News
Giuseppe Tropepe: “Se tornassi a camminare, tornerei in moto”
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Il pilota calabrese si racconta a FX Action per la prima volta dopo l’incidente: “Qualche miglioramento c’è, ma sono in sedia a rotelle e non voglio farmi illusioni”

“Il motocross mi ha tolto quasi tutto, ma se un giorno potessi tornare a camminare, la prima cosa che farei sarebbe risalire su una moto”. Dopo il tremendo incidente dello scorso 22 aprile, che gli ha provocato gravi lesioni alla colonna vertebrale, Giuseppe Tropepe è su una sedia a rotelle. Il 27enne pilota calabrese attualmente si trova a Imola, in una clinica di riabilitazione per lesioni midollari, dove sta affrontando un percorso per cercare di recuperare il più possibile le facoltà motorie. “Però non voglio farmi illusioni – dice – anche perché i medici non mi hanno dato speranze”.

Innanzitutto, la domanda più scontata: come stai?
“In questo momento sto vivendo in un limbo, dove ogni cosa può essere presa in senso positivo o negativo. Posso dire che sto bene perché, per come si erano messe le cose, è già buono che sono qui a raccontarlo. Ma chiaramente non sto bene, perché mi è cambiata la vita”.

Che tipo di lesioni hai avuto?
“La situazione era grave. Sono stato un mese e mezzo in rianimazione, di cui 25 giorni in coma farmacologico per problemi ai polmoni. Ho rotto tutte le costole e quattro vertebre lombari, una delle quali ha intaccato il midollo. In più avevo una piccola frattura a una vertebra cervicale che non permetteva ai medici di girarmi sul letto e questo ha richiesto molto più tempo per guarire dalla polmonite. Il risveglio è stato un po’ traumatico, ci sono voluti vari tentativi”.

Ricordi qualcosa dell’incidente?
“Non ricordo nulla di quel giorno, me l’hanno raccontato. Stavo preparando la tappa di Prestige di Montevarchi ed ero andato a fare il rodaggio alla nuova moto da gara. Erano i primi giri, andavo piano, su un piccolo salto ho fatto una caduta innocua, ma il destino ha voluto che la moto mi carambolasse addosso. Praticamente mi è entrata la marmitta nel torace e ha rotto tutto quello che ha trovato”.

Errore tuo o problema tecnico?
“La moto funzionava anche dopo l’incidente, quindi escludo il problema tecnico. È stato un errore mio, forse un calo di concentrazione dovuto al fatto che non stavo spingendo. Una caduta veramente stupida, di quelle da cui di solito ti rialzi in pochi secondi. Ma la fortuna non mi è mai stata amica in questo sport. Proprio quest’anno in cui avevo deciso di prendere le cose con più calma”.

In che senso?
“Avevo avviato un po’ di progetti, come la partecipazione al campionato giapponese e alcuni test con la Ducati. Non ero nelle condizioni di prepararmi e dedicarmi al 100% alle gare del Prestige, quindi stavo facendo attenzione a non spingermi oltre il limite”.

Come stai reagendo a questa condizione?
“Mi è stato detto fin dall’inizio che la situazione era grave, i dottori sono sempre stati pessimisti. Ovviamente non l’ho presa bene: ritrovarsi sulla sedia a rotelle e sapere che probabilmente ci passerai tutta la vita è uno shock terribile, soprattutto se sei uno che ha sempre vissuto facendo sport. Ma non esiste un modo per prendere bene una cosa del genere, bisogna solo accettarla e rimboccarsi le maniche. In questo momento ho fatto qualche progresso che i dottori non credevano possibile”.

Il campionato Prestige per Giuseppe TropepeIl campionato Prestige per Giuseppe Tropepe

A che punto sei arrivato con la riabilitazione?
“Ho riacquistato una sensibilità parziale in alcune zone del corpo sotto al livello della lesione, ma non ho il controllo dei movimenti. È comunque un passo avanti rispetto ai primi tempi, in cui non sentivo nulla. Inoltre sono state registrate delle contrazioni agli addominali anomale, visto che la lesione midollare è più in alto, e recentemente i medici hanno riscontrato una reazione del gluteo durante un lavoro di fisioterapia. Sono piccole cose, ancora non si sa come andrà a finire. Sicuramente ci vorrà tanto tempo e sarà molto, molto difficile”.

Credi nel miracolo?
“Ho paura di farmi illusioni, perché ci starei troppo male se poi dovesse restare tutto così. Non mollo e non mollerò mai, sto dando il massimo per tornare a camminare, però mi sto anche abituando all’idea di dover vivere su una sedia a rotelle”.

Come stai impostando la tua vita?
“In questo momento è tutto in uno stato di pausa. La cosa più importante sono i progressi del mio corpo, ogni giorno c’è qualche piccolo miglioramento e voglio capire dove posso arrivare. Penso che a fine anno uscirò dall’ospedale e poi avrò bisogno di continuare a fare delle attività per tenere in movimento il corpo, quindi sicuramente farò qualcosa. Mi piacerebbe restare al Nord Italia, dove vivo da anni e ho costruito i miei rapporti. C’è anche un discorso di opportunità: purtroppo, al Sud una persona nelle mie condizioni ha meno prospettive rispetto a una che vive al Nord”.

Intanto in Calabria è tornato il tuo grande amico, Emilio Scuteri, che sta cercando di far crescere il motocross giovanile. Non vorresti fare qualcosa del genere anche tu?
“Credo che Emilio sia più che sufficiente per fare quel lavoro, non avrebbe senso fare due scuole e dividersi i pochi piloti che ci sono in Calabria. Ma se lui mi chiedesse una mano, gliela darei volentieri. Avevamo già in mente in passato di fare qualcosa insieme”.

Che rapporto hai adesso col motocross?
“È la cosa che mi manca di più. Se per caso un giorno riuscirò a camminare di nuovo, la prima cosa che farò sarà risalire su una moto. So già che non potrò mai più tornare a fare il pilota professionista, anche se dovessi riuscire a recuperare completamente da queste lesioni. Però la mia non è una passione per le moto, è una malattia”.

È vero che stai pensando di fare il team manager?
“Me l’ha chiesto Michele Caprioli del team Millionaire. Ma in questo momento, come dicevo prima, è tutto in pausa e non mi sento di prendere impegni. Lui mi ha invitato ad Arco, per l’ultima gara del Prestige, però ho preferito evitare. Credo che sia ancora troppo presto per tornare a contatto con il mondo delle gare”.

Temi l’effetto compassione?
“Un po’ sì. Se mi presentassi in pista adesso, verrebbero tutti a farmi le stesse domande. Lo farebbero in buona fede, per carità, ma io in questo momento non saprei come reagire, perché certe risposte non le conosco nemmeno io. Però voglio anche dire a tutti che l’omaggio che mi avete fatto a Montevarchi mi ha fatto piangere. Sentire il calore degli amici, leggere tutti i messaggi che mi sono arrivati, sapere che comunque c’è tanta gente che ha un pensiero per me: tutto questo è stato davvero importante, credetemi. E un giorno tornerò in pista, questo è sicuro”.

Se potessi parlare al Giuseppe Tropepe bambino, gli consiglieresti di fare motocross?
“Centomila volte sì. Il motocross mi ha tolto tantissimo, mi ha dato nettamente più dolori che gioie, ma rifarei tutto da capo. Il 2024 per me è stato un anno meraviglioso: fare squadra con Scuteri, ottenere bei risultati tutti e due, divertirci insieme. Non posso spiegare quanto sono stato bene. Se l’anno scorso mi avessero detto ‘smetti, oppure subirai un incidente e non camminerai più’, io avrei continuato lo stesso”.

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