Cerca

Seguici con

Moto

L'arancione KTM continuerà a brillare. Ma a quale prezzo?

Redazione
dalla Redazione il 26/02/2025 in Moto
L'arancione KTM continuerà a brillare. Ma a quale prezzo?
Chiudi

Per le banche, che possiedono i tre quarti del debito di KTM e per le quali conta solo la montagna di soldi che devono recuperare, Pierer deve lasciare qualunque ruolo operativo in KTM. Sarà davvero così?

KTM è salva. Il 25 febbraio era la data annunciata per la decisione del tribunale di Ried im Innkreis riguardo al piano orange di ristrutturazione, che è stato approvato. KTM quindi non fallisce e va avanti, ma come va avanti?

Chiediamoci un momento che cosa vuol dire “salvare KTM”. Dipende dai punti di vista. Per gli austriaci, specialmente se vive nella zona di Mattighofen, vuol dire prima di tutto salvare un’azienda prestigiosa, i posti di lavoro, l’indotto e le ricadute benefiche sull’economia. Salvare KTM vuol dire tenerla in Austria.

Per gli appassionati delle moto orange, salvare KTM vuol dire salvare i prodotti che amano. Questo però poteva accadere anche spostando la produzione in India, come si era ventilato, o a Monaco di Baviera a voler dar credito alle voci sensazionalistiche degli ultimi giorni.

Per Stefan Pierer, attualmente molto impopolare in Austria, salvare KTM vuol dire salvare quella che ritiene ancora la SUA azienda facendo in modo di restare in sella, magari non direttamente attraverso qualche amico di lunga data come Stefan Zöchling, il boss della Remus, azienda che produce scarichi auto e moto.

L'arancione KTM continuerà a brillare. Ma a quale prezzo?

IL FUTURO? PER LE BANCHE E' SENZA PIERER

Quindi in una immaginaria gradazione, dalla conservazione totale della situazione attuale al suo stravolgimento radicale, Pierer era naturalmente il più vicino alla conservazione totale, gli appassionati di tutto il mondo al suo stravolgimento radicale e gli austriaci stavano a metà strada.

Ma la decisione dipendeva soprattutto dalle banche, che possiedono i tre quarti del debito di KTM e per le quali conta solo la montagna di soldi che devono recuperare. Per loro Pierer deve lasciare qualunque ruolo operativo in KTM, e la stessa azienda poteva tranquillamente fallire e chiudere se questa fosse la strada per recuperare più soldi.

Peccato però che un fallimento difficilmente è la strada che porta a recuperare più soldi. Per KTM si parlava di una liquidazione al 15% del valore di bilancio pre-crisi, ancora la metà del 30% promesso. E poi le banche, specie se sono banche austriache, sono in certa misura sensibili all’opinione della gente e alle pressioni della classe politica che di questa gente è l’espressione.

Siccome, come abbiamo visto, la gente sta a metà strada, la soluzione più probabile era che KTM restasse in Austria, ridimensionata e senza Stefan Pierer.

Per il ridimensionamento, ci sono già le cifre: KTM prevede nel suo piano di vendere circa 250.000 moto l’anno e di scendere a 3.700 dipendenti in Austria (da oltre 380.000 e 6.000 a fine 2023, in entrambi i casi una riduzione di circa un terzo).

Per la presenza o meno di Stefan Pierer, la partita è ancora da giocare. Il referente della ristrutturazione per le banche, che si chiama Peter Vogl, ha evidenziato quelli che, se escludiamo la malafede, sono evidenti errori di management: in particolare la sproporzione tra investimenti e produzione quando le vendite sono calate, anche a costo di comprare componentistica a credito. Per chi volesse sapere come la Casa austriaca è arrivata a questo punto, abbiamo riassunto le tappe in questo video.

L'arancione KTM continuerà a brillare. Ma a quale prezzo?

CACCIA AI NUOVI INVESTITORI

Intanto, e torniamo all’inizio, c’è il punto fermo del piano di ristrutturazione ufficialmente accettato. Più che un piano di ristrutturazione aziendale era un piano, come si dice, di ristrutturazione del debito: KTM offriva ai debitori di pagare, in contanti ed entro 90 giorni, il 30% dei debiti. Pochi, maledetti ma subito. Perché il tribunale avallasse la proposta occorreva che la maggioranza in numero e in quota capitale dei creditori fosse d’accordo, come è avvenuto.

KTM dovrà ora depositare a Peter Vogl 548 milioni nel termine concordato di 90 giorni, quindi entro il 23 maggio. Questa somma rappresenta il 30% dei 1.826 milioni di debito (in realtà i creditori hanno depositato richieste per 2,25 miliardi).

Altri 50 milioni saranno versati dai soci per far ripartire la produzione a Mattighofen a partire dal 17 marzo. Si era parlato di 150 milioni e del resto non finisce qua, perché serviranno ulteriori 800 milioni per riavviare del tutto la colossale macchina del Gruppo KTM: soldi che dovranno arrivare da nuovi investitori della cui ricerca è stata incaricata la filiale tedesca del colosso americano Citigroup.

Come spesso succede, quindi, sembrano sfumare le varie ipotesi che si erano fatte: un intervento pesante di CFMOTO, l’acquisto da parte di Rajiv Bajaj, per non parlare di BMW e del trasferimento a Monaco. Si sono mosse le banche e si è mossa la politica, gli assetti post-crisi sono ancora da definire e dipenderanno dagli 800 milioni di investimenti da fare nel corso dell’anno.

Gli investitori interessati (che sono tutti grandi investitori) sarebbero una ventina. Tra questi è molto attivo il già citato Stefan Zöchling, più un finanziere che un industriale (un po’ alla Roberto Colaninno) che si è detto disposto a investire 750 milioni di euro insieme con Bajaj. Zöchling è molto vicino a Pierer, che Pierer si è fatto da parte rimanendo co-amministratore con Stefan Neumeister ma potrebbe a questo punto restare in qualche modo legato a KTM.

Il risultato finale dipenderà dal braccio di ferro tra le banche e gli investitori privati: nonostante i forti venti contrari alla sua figura in patria, quel che conta in queste faccende non è certo l’opinione della gente.

Per inserire un commento devi essere registrato ed effettuare il login.

Correlate