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Prova Kawasaki KX300X MY24: da oggi l’enduro è più “green”

Roberto Ungaro il 25/11/2023 in Moto
Prova Kawasaki KX300X MY24: da oggi l’enduro è più “green”
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La nuova “maggiorata” di Akashi nasce per volontà della filiale italiana che l’ha sviluppata in collaborazione con Athena. Roberto Ungaro l’ha provata nella nuova Kawasaki Dirt Arena e ci racconta come va

Partiamo al contrario, dicendo subito come va: troppo. Apri e dà la botta. È esplosivo in prima apertura questo 4T, fai fatica a gestire, a dosare, specie dove serve centellinare la trazione come nel bosco in pendenza dove l’abbiamo provato noi.  

La moto in sé è meravigliosa, perché ha un telaio che è una favola, è una bicicletta senza per questo essere nervosa, ma il motore è troppo aggressivo. O, meglio, non aiuta. È per i Pro, ma anche a loro non rende la vita facile (in relazione al cronometro). Chi vi parla, nel 2005, possedeva una KX250 (ultimo telaio in acciaio) con kit di maggiorazione a 300 cc (cilindro Athena e pistone Vertex): moto incredibile, foriera di soddisfazioni impagabili (ben prima che arrivassero le 350, comunque meno divertenti). Ergo, è una materia nota.  

Prova Kawasaki KX300X MY24: da oggi l’enduro è più “green”

Il fatto è che il mondo è cambiato, c’è chi ha sviluppato prodotti specifici per l’Enduro, e così guidare un Cross “puro” oggi fa un certo effetto. In Europa, Enduro e Cross hanno preso strade diverse, differenziandosi ancor più che in passato (l’elettronica ha aiutato in questo), pur se la moto rimane comunque una base comune.  

Partiamo proprio da questa, la base: la KX250 in versione X, ovvero la declinazione enduristica della Casa madre. Il fatto, però, è che questa differenziazione è ridotta all’osso: ruota posteriore da 18” (al posto della 19”), la rapportatura finale e la taratura delle sospensioni. Punto. Quella che utilizza KL Service (da non confondere con KL Motorcycle, importatore di moto cinesi, fra cui Kove), è un model year ’23 (si riconosce per sella e parasteli neri, mentre la ’24 è tutta verde). Nel passaggio ‘21-‘22 questo modello ha subito importanti modifiche alla trasmissione interna (non priva di criticità fino a quell’anno), cosa che ha reso possibile ora il montaggio di cilindro e pistone maggiorati (entrambi di Athena, che porta l’alesaggio da 78 a 85 mm). Il resto sono l’impianto elettrico e il rifacimento del cavalletto. L’incremento di CV è minimo, siamo intorno alle 2/3 unità (potenza massima non dichiarata), ma è la coppia a crescere, del 20%, avvertibile fin da subito (la famosa botta). Se 50 cc possono sembrare un’inezia nella teoria, nella resa invece un 300 cc si avvicina di più a una 450 come sensazioni, rispetto alla 250 da cui deriva. E non ti allunga le braccia, non pistona, la governi sempre. Tutto questo mantenendo le stesse misure, lo stesso peso, le stesse inerzie. Ergo, è l’uovo di Colombo. È una libidine, perché guidi una bicicletta, ma con più spinta, specie sotto, in prima apertura.  

Il fatto è che qui è violenta, arriva in modo esplosivo. Mettici in più una frizione sì idraulica, ma on-off, poco modulabile, perché serve a partire nel Cross e poi, chi la tocca più in una manche? Nell’Enduro, invece, ce l’hai sempre in mano, convivi con lei, perché c’è la pietra, la radice, la pozza, il viscidino improvviso, la careggia, l’inversione da fare di freno (e senza far spegnere il motore)… Insomma, mi avete capito. E poi non ci sono le mappature su questa KX300X (i 3 spinotti, corrispondenti a 3 curve diverse, che sulle Cross si possono cambiare), qui non si può scegliere. La concorrenza, ormai, ce l’ha, con lo switch al manubrio (i 450 hanno addirittura il controllo di trazione). Lo scarico è rimasto quello del Cross, da galera per noi che siamo sempre più malvisti. Il serbatoio tiene 6,5 litri, che possono essere pochini in una giornata passata fra paesini e frazioni abbandonate (in più, non è trasparente, nessun check visivo immediato). Anche il freno anteriore ha un attacco crossistico, cioè aggressivo. Troppo.  

Prova Kawasaki KX300X MY24: da oggi l’enduro è più “green”

Peccato, insomma, perché la moto in sé è veramente coinvolgente, si guida da Dio; Kawasaki, tra le sorelle giapponesi, è sempre stata la più trasformabile in Enduro proprio per le sue caratteristiche intrinseche (specie di telaio), e anche questa regala un ottimo feeling. È stretta fra le gambe, ha un bell’anteriore, rapido ma che non scappa, fai quello che vuoi con lei. Anche le sospensioni Kayaba sono a punto. Un pro si trova bene, e l’amatore non le trova ostiche. Hanno sostegno e scorrono bene, sentono le regolazioni, il posteriore ha le alte e basse velocità. Insomma, è un gioiellino la verdona (ina), ma non per fare il classico Enduro (mulattiera). Ha il vantaggio che ti puoi allenare anche in un campo da Cross con lei, ma per un utente medio è un po’ troppo cattivella.  

L’ing Rovelli (c’è lui dietro a questo progetto, anni e anni di esperienza tra cui la prima KL, quella di Leggerini a Niardo, e poi altro ancora fra cui l’indimentica VOR), ha confermato che stanno lavorando sull’elettronica, per “calmarla”. Speriamo.  

Prezzo, non ancora dichiarato. Ma c’è un’altra notizia: la presentazione è avvenuta a Fara Novarese (NO), 1 ora da Milano, una pista storica che ora si è tinta di verde: si chiama Kawasaki Dirt Arena. Nessuna preclusione ad altre moto, ci mancherebbe (ed è amata dagli amatori, perché è rimasta una pista facile), ma da oggi sarà “il quartier generale” dei verdi, come accade un po’ in America: vuol dire trovare la gamma delle KX (comprese quelle per i bambini) disponibile da provare, vuol dire trovare corsi, attività e quant’altro dedicati all’Off (speriamo anche Enduro). Una bella notizia, perché siamo una nicchia nella nicchia che non ha mai ricevuto attenzioni, a livello ufficiale. Kawasaki Italia, ora, per riflesso di un volere della Casa, ha cambiato rotta. E supporta anche il nostro Davide Soreca, che l’anno prossimo correrà nel mondiale e nell’italiano. Olè. Non può piovere per sempre.        

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