Moto
Comparativa 50 Enduro e Motard. Baby gang
il 04/07/2012 in Moto
C'è crisi. La vita è dura. Si stava meglio da piccoli. Tutto vero. Ma un modo per tornare indietro a quei tempi c'è: saltare su qualche bel cinquantino per una gara tutta da ridere

Noi di XOffRoad continuiamo a sentirci ragazzi. Anzi: ragazzini.
Sbarbati, addirittura. E così ci siamo fatti un regalo tipico da quattordicenni:
tutti in pista per una bella gara con i cinquantini più da
sballo del momento. Anzi, per non farci mancare nulla, gara
doppia: una con le ruote (lisce) sull'asfalto e una con le ruote
(tassellate) nella polvere. Dove? Ci accontentiamo di una pista
da Mondiale: Ottobiano. E via col biathlon della promozione,
che affronteremo con la tipica procedura del ragazzino in preda
all'estro ormonale: niente presa di confidenza con le moto,
niente giro di ricognizione del tracciato, niente di niente. Dentro
e gas, e chi arriva ultimo paga da bere e scrive il servizio
(così sapete già chi ha perso).
Allora com'è tornare sui cinquantini a vent'anni di distanza? Bello, bellissimo. Si straccia il gas anche in curva. I rettilinei non finiscono mai. Capisci che hai disimparato a sfruttare le basse potenze quando ti accorgi, ormai a fine turno, che avevi tutti i riferimenti sbagliati e potevi usare il freno in uno, forse due punti della pista (e vale tanto su asfalto che fuori). Le moto sono tutte facili, e ci mancherebbe: con poco peso e pochissima coppia, non ce la fai proprio a mettere in difficoltà le ciclistiche. Tra i motori, in compenso, trovi differenze gigantesche, che nelle altre classi non esistono. Tra un cinquantino e un altro, a seconda della cura che il costruttore ci ha messo e magari anche solo di fattori fortuiti come la carburazione più o meno a posto, la spinta può cambiare in maniera evidente. Aggiungete poi la sensibilità al peso di chi sta in sella (che di solito è ben più alto che a quattordici anni...) e capirete perché motori sulla carta simili in pista siano così diversi. Ma in fondo sono fattori che fanno parte del gioco, e fanno sì che in una gara di questo tipo possa succedere di tutto.
Così, per non guastarci la sorpresa, abbiamo deciso di sorteggiare le moto da affidare ai diversi piloti. Certo, le doti di chi guida contano sempre più di tutto: ma nella nostra pattuglia di piloti professionisti, ex piloti, amatori e brocchi totali le sorprese a fine manche non sono proprio mancate, e ve le lasciamo scoprire.
Bene, e il risultato? La gara è gara, e in pista nessuno si è risparmiato. Ma, a prescindere dalle posizioni, ci siamo divertiti. Divertiti così tanto che, se all'inizio pensavamo vagamente di darvi appuntamento al numero 125, a fine gara abbiamo deciso seduta stante - e all'unanimità - di rivederci in pista molto, ma molto prima…
SFIDA SUPERMOTARD
Quando i pochi altri che girano in giornata a Ottobiano – due kart "giusti", un paio di sportive stradali, un paio di auto da rally d'epoca, una pit bike – ci vedono entrare in pista con le tenute professionali, lo sbandieratore e le motorettine fumanti e scoppiettanti, a tutti si stampa un sorriso sulla faccia. In cinque dovremmo avere una somma delle età nettamente inferiore a 100, e invece siamo ben oltre 150, qualcuno con qualche ciuffo bianco in testa (qualcuno anche senza niente in testa, se è per questo). La sproporzione è evidente e, come sempre succede, fa ridere. Di spalle, poi, sembriamo passati per la moltiplicazione dei pani e dei Lancellotti, dato che il nome sulle 5 tute è sempre quello. Insomma, è difficile restare seri. Quando però mettiamo le maschere, non si ride più. Anche perché Cristian decide per una partenza "vecchio stile", con le moto accese da raggiungere correndo. E alzare quegli stivali moderni alla Iron Man per mettersi a correre è, ve lo garantisco, maledettamente difficile.
Comunque in sella ci arriviamo tutti, il cavalletto lo leviamo tutti e la marcia la mettiamo tutti... ma l'holeshot è tanto per cambiare dei più scafati: Simone sulla Rieju e Cristian sulla Beta. Dietro tutti gli altri, ultimo io sulla Suzuki Valenti. Dopo la prima curva c'è un lungo (oddio, stiamo pur sempre parlando di Ottobiano…) rettilineo e lì le differenze motoristiche cominciano a farsi sentire. La giallina snocciola una marcia dopo l'altra con un bell'allungo e risucchia impietosamente le altre: alla terza curva infilo anche Marco sulla Fantic e sono già secondo, davanti a Marco, Pino (HM) e Simone (Rieju) che paga in parte la minore spinta della MRT e, in parte, la scarsa dimestichezza con l'asfalto, a giudicare dalla traiettorie fantasiose che esibisce. Al contrario, io e Marco siamo certamente favoriti dal motore di Valenti Racing e Fantic, le più gratificanti da questo punto di vista. Del resto basta ascoltare come cantano i motori appena messi in moto per farsi un'idea abbastanza precisa del loro potenziale. Quanto al peso, il più favorito sono io, peccato che la tuta di Cristian di 6 taglie più grande del dovuto è su di me una specie di paracadute che mi dota anche di un bel freno aerodinamico.
I primi 5 dei 15 minuti di gara previsti si susseguono comunque senza grosse sorprese: Cristian fa la lepre, io cerco di studiargli le linee, Marco e Pino in bagarre fra di loro e Simone che va a spasso per la pista solitario e sempre più lontano. Il mio momento arriva quando Cristian fa un lungo in fondo al rettilineo: passo davanti e cerco di fare il passo. Dopo un paio di giri Cristian mi riprende con un sorpasso all'esterno (un po' imbarazzante) che cerco di restituirgli alla prima occasione; invece succede che al tornantino mi scappa l'avantreno in frenata e mi stendo come un salame tra i giustificati lazzi di Marco e Pino, che non si fanno pregare a passarmi, mentre Simone è troppo lontano persino per recuperarmi la posizione in quelle condizioni. Mi sono stampato su gomito e anca il disegno della pelle pieno fiore Axo, ma se non altro la RM non ha un graffio e posso risalire subito in sella. Le distanze però si sono fatte incolmabili e le posizioni sono ormai delineate: primo Cristian (che se voleva sopravvivere in redazione per il resto del 2012 non poteva perdere a nessun costo), poi Marco, Pino, io e Simone. Punteggi assegnati e di corsa al paddock, per il cambio di divisa in vista della seconda manche. Il meteo metteva pioggia a questo punto della giornata, invece il cielo si vela ma il caldo resta. E l'unica previsione che non cambia è quella di Pino: "Qui Simone ci pettina tutti". Io il problema di pettinarmi non ce l'ho più da un po' di anni, ma capisco lo stesso che la sostanza di quello che sta per succedere non cambia.
SFIDA ENDURO
ambio d'abito per gli altri (e nuovo paracadute per me) e ci spostiamo a fianco della pista in asfalto, sul tracciato in terra che questa volta è tutto per noi. Abbandoniamo le Motard per salire sulle cuginette da Enduro – che proprio identiche non sono – e ripetiamo la faccenda della partenza, illeggiadriti dalle leggere e sgargianti divise da Cross. Come tutti sanno, correre nella sabbia con gli stivali rigidi è una delle attività più gratificanti mai escogitate dal genere umano. Cristian però insiste per mantenere la partenza a 10 metri dalle moto (accese). Anche se non lo dice, Cristian è anche favorevole a fare sgambetto a eventuali avversari più veloci allo scatto: lo capisce subito Marco, che troviamo con l'aletta del casco piantata nella sabbia quando noi siamo già in sella. Ci tocca ripetere la partenza. Più che una gara di Enduro sembra il remake dello sbarco sulla luna, con cinque astronauti in scafandro che sollevano le gambe al rallentatore sollevando nuvole di polvere finissima. Una polvere - e una sabbia - che a giudizio dei presenti non si erano mai viste né a Ottobiano, né alla Dakar, né altrove su questo pianeta. Avete presente la diabolica pista di Lommel? Ecco, un po' peggio. Niente salti, per fortuna: perché per quanto leggeri, i cinquantini non hanno gran dimestichezza con l'aria.
Quanto alla cronaca della gara, è un po' meno movimentata della precedente. Col tassello, polvere o fango che sia, non c'è storia: il pilota fa comunque la differenza. Il nostro pilotino di redazione Simone, che mastica Enduro dal lunedì al venerdì e il weekend fa le gare vere (Campionato italiano Enduro Under 23 e Assoluti d'Italia), prende subitissimo il largo anche con la "pacifica" Rieju. Cercano di seguirlo Marco, che molto ma molto tempo fa ha anche corso, e Cristian che per non farsi mancare nulla ha fatto anche un bel po' di fuoristrada. Tra il cercare e il riuscire, però, ci sono un po' di anni, di chili e di allenamento. Ma sempre più facile per loro che per un amatore (Pino) o per un debuttante (io), per il quale già riuscire a galleggiare là sopra è un successo. Ogni tanto rivedo Simone, dopo un po' anche Marco e Cristian che restano vicini.
I nostri secondi 15 minuti sono oltretutto ravvivati da un certo numero di cadute, ma le posizioni non cambiano praticamente mai, neppure quando anche Simone cade, si rialza, dà un'occhiata in giro, ci pensa su, controlla se la moto si è segnata, estrae il cavalletto e rimane un momento a guardare che fine abbiamo fatto e alla fine riparte e vince con mezza pista di vantaggio sul secondo. Alla faccia del sorteggio sfavorevole che ci aveva fatto sperare in una frazione più equilibrata.
Insomma, mai sottovalutare le motine, andarci forte non è così facile. E poi hanno un sacco di vantaggi che apprezzi meglio dopo aver provato le sorellone con un sacco di cavalli e di chili in più. Tanto per cominciare, ti fanno divertire sempre, qualunque sia la pista, il contesto, eccetera. Costano anche loro, ma non uno sproposito. E poi le carichi sul furgone con due dita, un fatto che dopo due manche così non possiamo non apprezzare. Ma questo è veramente l'ultimo sforzo che ci separa dal meritato (e sicuramente sudato) spuntino al bar del circuito di Ottobiano.
Nel frattempo l'inflessibile Marta si occupa di fare il punto della graduatoria finale, ottenuta sommando i punteggi delle due gare: cinque al primo di manche, quattro al secondo e via scalando fino al quinto. Cristian e Marco arrivano pari con otto punti, ma dal momento che Cristian ha vinto una manche è lui a chiudere primo. Seguono Marco, Simone, Pino e il sottoscritto, che questa volta ha pagato da bere e scritto il pezzo. Ma alla prossima gara vi garantisco che il resoconto lo firmerà qualcun altro...
Allora com'è tornare sui cinquantini a vent'anni di distanza? Bello, bellissimo. Si straccia il gas anche in curva. I rettilinei non finiscono mai. Capisci che hai disimparato a sfruttare le basse potenze quando ti accorgi, ormai a fine turno, che avevi tutti i riferimenti sbagliati e potevi usare il freno in uno, forse due punti della pista (e vale tanto su asfalto che fuori). Le moto sono tutte facili, e ci mancherebbe: con poco peso e pochissima coppia, non ce la fai proprio a mettere in difficoltà le ciclistiche. Tra i motori, in compenso, trovi differenze gigantesche, che nelle altre classi non esistono. Tra un cinquantino e un altro, a seconda della cura che il costruttore ci ha messo e magari anche solo di fattori fortuiti come la carburazione più o meno a posto, la spinta può cambiare in maniera evidente. Aggiungete poi la sensibilità al peso di chi sta in sella (che di solito è ben più alto che a quattordici anni...) e capirete perché motori sulla carta simili in pista siano così diversi. Ma in fondo sono fattori che fanno parte del gioco, e fanno sì che in una gara di questo tipo possa succedere di tutto.
Così, per non guastarci la sorpresa, abbiamo deciso di sorteggiare le moto da affidare ai diversi piloti. Certo, le doti di chi guida contano sempre più di tutto: ma nella nostra pattuglia di piloti professionisti, ex piloti, amatori e brocchi totali le sorprese a fine manche non sono proprio mancate, e ve le lasciamo scoprire.
Bene, e il risultato? La gara è gara, e in pista nessuno si è risparmiato. Ma, a prescindere dalle posizioni, ci siamo divertiti. Divertiti così tanto che, se all'inizio pensavamo vagamente di darvi appuntamento al numero 125, a fine gara abbiamo deciso seduta stante - e all'unanimità - di rivederci in pista molto, ma molto prima…
SFIDA SUPERMOTARD
Quando i pochi altri che girano in giornata a Ottobiano – due kart "giusti", un paio di sportive stradali, un paio di auto da rally d'epoca, una pit bike – ci vedono entrare in pista con le tenute professionali, lo sbandieratore e le motorettine fumanti e scoppiettanti, a tutti si stampa un sorriso sulla faccia. In cinque dovremmo avere una somma delle età nettamente inferiore a 100, e invece siamo ben oltre 150, qualcuno con qualche ciuffo bianco in testa (qualcuno anche senza niente in testa, se è per questo). La sproporzione è evidente e, come sempre succede, fa ridere. Di spalle, poi, sembriamo passati per la moltiplicazione dei pani e dei Lancellotti, dato che il nome sulle 5 tute è sempre quello. Insomma, è difficile restare seri. Quando però mettiamo le maschere, non si ride più. Anche perché Cristian decide per una partenza "vecchio stile", con le moto accese da raggiungere correndo. E alzare quegli stivali moderni alla Iron Man per mettersi a correre è, ve lo garantisco, maledettamente difficile.
Comunque in sella ci arriviamo tutti, il cavalletto lo leviamo tutti e la marcia la mettiamo tutti... ma l'holeshot è tanto per cambiare dei più scafati: Simone sulla Rieju e Cristian sulla Beta. Dietro tutti gli altri, ultimo io sulla Suzuki Valenti. Dopo la prima curva c'è un lungo (oddio, stiamo pur sempre parlando di Ottobiano…) rettilineo e lì le differenze motoristiche cominciano a farsi sentire. La giallina snocciola una marcia dopo l'altra con un bell'allungo e risucchia impietosamente le altre: alla terza curva infilo anche Marco sulla Fantic e sono già secondo, davanti a Marco, Pino (HM) e Simone (Rieju) che paga in parte la minore spinta della MRT e, in parte, la scarsa dimestichezza con l'asfalto, a giudicare dalla traiettorie fantasiose che esibisce. Al contrario, io e Marco siamo certamente favoriti dal motore di Valenti Racing e Fantic, le più gratificanti da questo punto di vista. Del resto basta ascoltare come cantano i motori appena messi in moto per farsi un'idea abbastanza precisa del loro potenziale. Quanto al peso, il più favorito sono io, peccato che la tuta di Cristian di 6 taglie più grande del dovuto è su di me una specie di paracadute che mi dota anche di un bel freno aerodinamico.
I primi 5 dei 15 minuti di gara previsti si susseguono comunque senza grosse sorprese: Cristian fa la lepre, io cerco di studiargli le linee, Marco e Pino in bagarre fra di loro e Simone che va a spasso per la pista solitario e sempre più lontano. Il mio momento arriva quando Cristian fa un lungo in fondo al rettilineo: passo davanti e cerco di fare il passo. Dopo un paio di giri Cristian mi riprende con un sorpasso all'esterno (un po' imbarazzante) che cerco di restituirgli alla prima occasione; invece succede che al tornantino mi scappa l'avantreno in frenata e mi stendo come un salame tra i giustificati lazzi di Marco e Pino, che non si fanno pregare a passarmi, mentre Simone è troppo lontano persino per recuperarmi la posizione in quelle condizioni. Mi sono stampato su gomito e anca il disegno della pelle pieno fiore Axo, ma se non altro la RM non ha un graffio e posso risalire subito in sella. Le distanze però si sono fatte incolmabili e le posizioni sono ormai delineate: primo Cristian (che se voleva sopravvivere in redazione per il resto del 2012 non poteva perdere a nessun costo), poi Marco, Pino, io e Simone. Punteggi assegnati e di corsa al paddock, per il cambio di divisa in vista della seconda manche. Il meteo metteva pioggia a questo punto della giornata, invece il cielo si vela ma il caldo resta. E l'unica previsione che non cambia è quella di Pino: "Qui Simone ci pettina tutti". Io il problema di pettinarmi non ce l'ho più da un po' di anni, ma capisco lo stesso che la sostanza di quello che sta per succedere non cambia.
SFIDA ENDURO
ambio d'abito per gli altri (e nuovo paracadute per me) e ci spostiamo a fianco della pista in asfalto, sul tracciato in terra che questa volta è tutto per noi. Abbandoniamo le Motard per salire sulle cuginette da Enduro – che proprio identiche non sono – e ripetiamo la faccenda della partenza, illeggiadriti dalle leggere e sgargianti divise da Cross. Come tutti sanno, correre nella sabbia con gli stivali rigidi è una delle attività più gratificanti mai escogitate dal genere umano. Cristian però insiste per mantenere la partenza a 10 metri dalle moto (accese). Anche se non lo dice, Cristian è anche favorevole a fare sgambetto a eventuali avversari più veloci allo scatto: lo capisce subito Marco, che troviamo con l'aletta del casco piantata nella sabbia quando noi siamo già in sella. Ci tocca ripetere la partenza. Più che una gara di Enduro sembra il remake dello sbarco sulla luna, con cinque astronauti in scafandro che sollevano le gambe al rallentatore sollevando nuvole di polvere finissima. Una polvere - e una sabbia - che a giudizio dei presenti non si erano mai viste né a Ottobiano, né alla Dakar, né altrove su questo pianeta. Avete presente la diabolica pista di Lommel? Ecco, un po' peggio. Niente salti, per fortuna: perché per quanto leggeri, i cinquantini non hanno gran dimestichezza con l'aria.
Quanto alla cronaca della gara, è un po' meno movimentata della precedente. Col tassello, polvere o fango che sia, non c'è storia: il pilota fa comunque la differenza. Il nostro pilotino di redazione Simone, che mastica Enduro dal lunedì al venerdì e il weekend fa le gare vere (Campionato italiano Enduro Under 23 e Assoluti d'Italia), prende subitissimo il largo anche con la "pacifica" Rieju. Cercano di seguirlo Marco, che molto ma molto tempo fa ha anche corso, e Cristian che per non farsi mancare nulla ha fatto anche un bel po' di fuoristrada. Tra il cercare e il riuscire, però, ci sono un po' di anni, di chili e di allenamento. Ma sempre più facile per loro che per un amatore (Pino) o per un debuttante (io), per il quale già riuscire a galleggiare là sopra è un successo. Ogni tanto rivedo Simone, dopo un po' anche Marco e Cristian che restano vicini.
I nostri secondi 15 minuti sono oltretutto ravvivati da un certo numero di cadute, ma le posizioni non cambiano praticamente mai, neppure quando anche Simone cade, si rialza, dà un'occhiata in giro, ci pensa su, controlla se la moto si è segnata, estrae il cavalletto e rimane un momento a guardare che fine abbiamo fatto e alla fine riparte e vince con mezza pista di vantaggio sul secondo. Alla faccia del sorteggio sfavorevole che ci aveva fatto sperare in una frazione più equilibrata.
Insomma, mai sottovalutare le motine, andarci forte non è così facile. E poi hanno un sacco di vantaggi che apprezzi meglio dopo aver provato le sorellone con un sacco di cavalli e di chili in più. Tanto per cominciare, ti fanno divertire sempre, qualunque sia la pista, il contesto, eccetera. Costano anche loro, ma non uno sproposito. E poi le carichi sul furgone con due dita, un fatto che dopo due manche così non possiamo non apprezzare. Ma questo è veramente l'ultimo sforzo che ci separa dal meritato (e sicuramente sudato) spuntino al bar del circuito di Ottobiano.
Nel frattempo l'inflessibile Marta si occupa di fare il punto della graduatoria finale, ottenuta sommando i punteggi delle due gare: cinque al primo di manche, quattro al secondo e via scalando fino al quinto. Cristian e Marco arrivano pari con otto punti, ma dal momento che Cristian ha vinto una manche è lui a chiudere primo. Seguono Marco, Simone, Pino e il sottoscritto, che questa volta ha pagato da bere e scritto il pezzo. Ma alla prossima gara vi garantisco che il resoconto lo firmerà qualcun altro...
Comparativa 50 Enduro e Motard. Baby gang
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