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Aaron Plessinger, il bravo ragazzo del cross AMA

Redazione
dalla Redazione il 21/03/2019 in Supercross
Aaron Plessinger, il bravo ragazzo del cross AMA
Aaron dopo la caduta di Daytona dello scorso weekend

Aaron Plessinger , le sue idee ed impressioni per tornare a vincere nel 2019 prima che la caduta di Daytona compromettesse la stagione.

Pochi in Italia sanno che Aaron Plessinger è figlio d’arte. Suo padre Scott è stato uno dei migliori enduristi americani negli Anni 90, due volte campione nell’AMA Hare Scramble e due volte nel GNCC. E la storia di Aaron, da quest’anno ufficiale nel team Yamaha Monster al fianco di Justin Barcia, è esemplare da tanti punti di vista, perché rovescia un po’ tutti i luoghi comuni sul crossista di successo. Poca pressione addosso, una carriera giovanile non troppo brillante, allenamenti quasi sempre dietro casa – dove i Plessinger hanno una piccola pista da Cross – e solo metà del tempo dedicata al Motocross. 

Scott vorrebbe infatti un figlio crossista, ma Aaron cresce accompagnandolo nei boschi, e sviluppa passione e talento per l’Enduro. E se dal 2004 al 2012 corre al Loretta Lynn senza impressionare, nel GNCC è praticamente imbattibile. Aaron sembra insomma destinato a seguire le orme del padre quando nell’estate 2013, fresco del primo titolo Pro nel GNCC, fa un ultimo tentativo col Motocross, dedicando un paio di mesi ad allenarsi con l’ex Pro Circuit Matt Walker.

Walker riesce a far fare il click nella testa di Aaron, che quell’anno vince sei campionati Amateur e sei finali su sei al Loretta Lynn’s. Di colpo tutti i riflettori si accendono su di lui, e i più veloci sono quelli del team Star Racing: per loro Aaron corre da Amateur ancora nel 2014, vincendo la classe All Star alla Monster Cup; poi nel 2015 passa Pro.

Il team Star Racing dell’epoca non è un posto facile. I piloti ufficiali sono Cooper Webb e Jeremy Martin: corrono su coste diverse, ma vogliono tutti e due essere il miglior pilota della 250 e non si parlano nemmeno. Quando Aaron arriva con la chitarra e il kayak per andare a pesca, porta sotto la tenda blu il suo approccio “take it easy” e finisce per legare con entrambi. Cooper lo porta con sé nei suoi allenamenti, e da lui Aaron apprende un po’ di sana aggressività da SX.

Plessinger non ci mette molto a ripagare Star Racing della fiducia. Si fa notare subito e sale sul podio già alla sua quinta gara, per poi chiudere la stagione con una vittoria all’Ironman National. Nel 2016 lotta per il titolo Lites East con Malcolm Stewart, perdendo per una manciata di punti, ed è quinto nel National. Poi nel 2017 torna a correre la West Coast ed è terzo, mentre nel National è quarto.

PILOTA PROFESSIONISTA

DI SUPERCROSS

Team Monster Energy Yamaha Factory Racing SX 450

 

BIOGRAFIA

Nato il 25 gennaio 1996 
a Hamilton, Ohio

Vive a Lake Elsinore, California

 

PALMARÈS

- 2013: Campione GNCC 

  Classe XC2 Pro

- 2014: Campione Monster

  Energy Cup Amateurs 
  All Stars

- 2015: 5° AMA 250SX East;  

  6° AMA 250MX

- 2016: 2° AMA 250SX East, 
  (1 vittoria); 5° AMA 250MX

- 2017: 3° AMA 250SX

  West, 4° AMA 250MX

- 2018: Campione AMA

  250SX West (4 vittorie); 

  Campione AMA MX 250 (6

  vittorie); MXoN, Team USA  

  Classe 250

 

Aaron Plessinger, il bravo ragazzo del cross AMA
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Nel 2018, poi, nella sua testa succede qualcosa, scatta un secondo click e Aaron diventa inarrestabile: doppietta 250SX West/MX250. Ora tutti vogliono capire se anche nella 450 Plessinger riuscirà ad essere vincente, interrompendo la serie di piloti-soldato che dominano in questi anni. Sta di fatto che Aaron ha già raccolto più di tanti che sono nel giro da più tempo di lui.

 

Ciao Aaron, allora come sta andando questa prima stagione in 450?

“Finora è tutto fantastico, in Monster Yamaha mi hanno accolto molto bene e c’è un bel feeling con tutti i ragazzi. Anche Justin Barcia è un tipo solare, penso che andremo molto d’accordo”.

 

Come hai trovato la Main Class?

Completamente diversa dalla 250. Ci sono un sacco di piloti veloci, che partono bene e spingono subito. Nei primi due giri si crea già tanto gap tra i primi e gli altri. Nella 250 se sbagli la partenza puoi rifarti sotto, nella 450 invece puoi sgobbare per tutta la gara e a malapena riesci a recuperare qualche posizione. Ma mi piace, mi sto divertendo!”.

 

Sarà difficile dimenticare il 2018: due titoli, fidanzamento, nascita di tuo figlio e MXoN. Se dovessi scegliere un ricordo quale diresti?

“Haha, penso che li metterei più o meno sullo stesso piano. Mio figlio è una cosa straordinaria, ma anche il fidanzamento con Kendall. I due titoli sono una specie di ciliegina sulla torta”.

 

Trovi il tempo per la tua famiglia anche facendo la vita del crossista Pro?

“Sì, quasi sempre. Nel tardo pomeriggio torno a casa e ci passo la sera e la notte. Nell’off-season il venerdì, sabato e domenica li passo sempre con loro, quindi il tempo per la famiglia non manca”.

 

Molti piloti hanno figli molto tardi in carriera, se non dopo essersi ritirati. Il fatto di essere diventato padre a 22 anni ti ha cambiato?

“Non particolarmente! Sono emozionato dalla cosa, ma quel che è cambiato di più è che adesso quando torno dall’allenamento o da una gara, oltre a Kendall c’è il bambino ad aspettarmi”.

 

Sei sempre stato molto legato all’Ohio. Com’è stare in California?

“Ho dovuto spostarmi a Lake Elsinore quando ho iniziato a correre da Pro con Star Racing. Era indispensabile per tutti i test che facevamo, e i ragazzi del team si allenavano più o meno sempre insieme. A me piacerebbe vivere sulla Costa Est, ma gli impegni mi hanno portato a Ovest e devo fare del mio meglio qui, ora, se voglio potermi permettere un bel posto e una bella vita per la mia famiglia. Prima il lavoro e poi i lussi, diciamo”.

 

Quindi sono i soldi che ti hanno spinto a dedicarti al Cross anziché al GNCC?

“No, no, è stato quasi un caso! Nel GNCC stavo per passare Pro, ma mio padre mi ha detto: perché non provi il Cross per qualche tempo e vediamo come va? Giusto per toglierci il dubbio. Se non funziona, i boschi saranno sempre lì! Si vede che era il mio momento, perché ho cominciato a vincere, mi hanno notato e Star Racing mi ha offerto una sella. La moto mi è piaciuta, sono andato al Loretta Lynn’s e ho vinto tutte le mie manche. E anche se il 2014 non è andato particolarmente bene, a fine stagione ho cominciato ad allenarmi con Gareth Swanepoel e ho vinto la Monster Cup”.

 

Di fatto Gareth ha preso il posto di tuo padre. Ti ha pesato lasciarlo?

“All’inizio sì. Scott è il miglior padre del pianeta: da bambino mi ha spinto un sacco ad impegnarmi, ma senza mai andare oltre il limite. Mi ha insegnato tutto quello che so sulle moto, e poi a non mollare mai e a provarci sempre. Adesso che siamo lontani ci sentiamo due o tre volte a settimana, parliamo di tutto ma lui non interferisce mai con le mie decisioni. È davvero una cosa rara”.

 

In compenso sembra che con Gareth ti trovi bene, visto che lo hai voluto con te anche nella 450.

“Sì, certo, resterò con lui almeno per tutto il 2019. Ha un programma molto buono, anche se è da relativamente poco tempo che fa il preparatore. Ma sono quattro anni che lavoriamo insieme, abbiamo un ottimo feeling e ho preferito non cambiare troppe cose tutte insieme. Gareth sa quando ho bisogno di essere pungolato per poter dare di più. Mi aiuta a capire quali sono i punti in cui posso far meglio, lavora con me in palestra, mi spinge quando vado in bici… è tutto collegato.

Com’è cambiato il tuo programma di allenamento passando alla 450?

“Onestamente molto poco per ora, anche perché abbiamo cercato di non spingere troppo da subito. In preparazione al campionato di solito faccio quattro giorni in moto e due in bici. Durante la stagione cerco di fare tre giorni di moto. A volte capita di farne solo due, ma questo è il sistema che mi ha permesso di vincere i titoli l’anno scorso, per cui cerchiamo di mantenerlo anche quest’anno. Normalmente mi alzo alle 7, faccio un po’ di riscaldamento, vado in pista, poi lavoro un po’ in palestra, quindi torno a casa e sto con la mia famiglia fin quando vado a dormire”.

 

Quali sono le differenze più evidenti tra la 250 e la 450 in termini di guida?

La 250 è molto più leggera, soprattutto in termini di inerzie. E ha poco motore: io che sono alto 185 cm, per andare veloce devo proprio tirarle il collo. Con la 450 posso guidare come voglio. Corro con la testa libera, e non mi mette ansia perché quando faccio un errore so che ha la potenza per tirarmi fuori. Di sicuro è più adatta a come guido io”.

 

Essere così alto ti penalizza?

L’altezza da una parte mi aiuta e dall’altra mi ostacola. Di solito ci sono punti della pista dove sento di essere molto più veloce dei ragazzi meno alti di me, e altri punti dove i piloti ‘compatti’ sono ben più veloci di quelli alti. Direi che vantaggi e svantaggi si compensano”.

 

Dal punto di vista tecnico quali sono i tuoi punti di forza e di debolezza?

“Penso che un mio punto forte sia usare poco la frizione, che mi aiuta ad essere molto veloce in percorrenza di curva. Anche la mia velocità sulle whoops non è male, ma di sicuro devo lavorare anccora un po’ sulla guida della 450. I punti deboli… ehm… non saprei. Non ci ho davvero pensato su. Di sicuro ci sono ancora cose da sistemare sulla 450!”.

 

Quali sono i tuoi obiettivi per la tua stagione da rookie nella Main Class?

Sono entusiasta di correre con la 450. Negli Amateurs era la mia moto preferita e non vedevo l’ora di tornare a correrci. Punto a stare nella top 5, che del resto è stato il mio obiettivo ad ogni stagione. So che la lotta sarà durissima, ma penso che sia un traguardo alla mia portata. Vorrei anche fare almeno un podio, e partire bene in ogni gara: questa è una delle cose più importanti a cui punto in questa stagione”.

 

La tua ultima uscita su una 250 è stata al Nazioni, che purtroppo ha visto l’ennesima débacle della una volta imbattibile squadra americana. Dal tuo punto di vista perché è successo? I piloti MXGP sono diventati più veloci?

Beh, di sicuro sono veloci. E tosti! Poi noi eravamo fermi da qualche settimana, mentre loro erano ancora in piena stagione, si può dire, e credo che questo li abbia aiutati un po’. Quanto al fattore campo, la pista era totalmente diversa da come l’avevamo trovata a luglio… insomma ci sono stati diversi elementi. Noi abbiamo fatto del nostro meglio, non ce l’abbiamo fatta, ma c’è sempre l’anno prossimo”.

 

Un’immagine che rimarrà di questa edizione è Aaron Plessinger con i capelli rossi, bianchi e blu.

“Haha, sì, avevo scommesso che l’avrei fatto se fossi stato selezionato. Poi però ci ho messo due settimane a trovare un parrucchiere che non mi facesse sembrare francese! La ragazza che ho trovato ha fatto un gran lavoro: le migliori grafiche che abbia mai avuto! (ride)”.

Ti conoscono tutti come ragazzo allegro e spiritoso. Sei sempre stato così?

“Sì, cerco di stare sereno e di sorridere a tutti. La positività mi spinge avanti. Se so che qualcuno è felice, questa cosa mi rende felice. È sempre stato così, i miei mi hanno tirato su abituandomi a preoccuparmi degli altri e a cercare di far felici tutti, non soltanto me stesso”.

 

Qualcuno dice che essere scanzonato e gentile in passato ti ha impedito di vincere. Come sei riuscito a cambiare?

È da quando correvo nelle Mini 85 che mi sento dire che sono troppo gentile... e alla fine l’anno scorso è scattato qualcosa. Ho iniziato ad essere più aggressivo, e ha funzionato. Non butterò mai giù qualcuno intenzionalmente, ma se è questione di vincere la gara, allora entro duro. Non ho mai voluto essere ‘cattivo’, però, e mi sento male quando lo faccio”.

 

Quest’anno hai lasciato il numero 23 per il 7… ma hai prima chiesto il permesso a James Stewart?

“Haha, no! No ho chiamato James Stewart… se lo avessi fatto e mi avesse detto di no, sarebbe stato devastante per me, sono il tipo che preferisce scusarsi che chiedere permesso. So bene che è un numero iconico, e non volevo che andasse sprecato. James sta facendo quel che sta facendo, e probabilmente sta bene così. Il suo numero era libero: il 7 su una Yamaha, perché no? Mi sono detto. Spero di onorarlo: è altra pressione sulle mie spalle, ma penso che mi farà bene”.

 

 

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